sabato 23 gennaio 2021
I «volenterosi» non assicurano il voto sulla relazione di Bonafede, il premier già martedì potrebbe salire al Colle per non bruciare la possibilità di un terzo esecutivo
Conte adesso valuta le dimissioni
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Il punto è che se anche il gruppo dei «volenterosi» emergesse nei prossimi giorni, il voto di mercoledì o giovedì al Senato sullo stato della giustizia nel Paese resterebbe a rischio. Perché posto che un drappello di forzisti e renziani sia disposto a lasciare la 'casamadre' per far proseguire il Conte-2, la relazione del Guardasigilli Alfonso Bonafede, non esattamente percepito come un 'garantista', sarebbe il terreno meno adatto per palesarsi.

Forse non voterebbero «no», probabilmente sceglierebbero l’astensione o l’assenza, ma il 'numerino' finale sarebbe più basso di quello incassato martedì scorso con il voto di fiducia. Giuseppe Conte lo ha capito, ci sta riflettendo. Perciò, dopo vari giorni di 'muro' al solo nominare l’ipotesi, il premier inizia a prendere in considerazione le dimissioni. Che potrebbero arrivare martedì pomeriggio, alla vigilia del voto delle Camere sul- la giustizia.

Voto che, a quel punto, sarebbe rinviato. Chi ragiona di dimissioni nell’entourage del premier, le inserisce in uno scenario per lui positivo. Constatato, martedì, che i «volenterosi» ci sono davvero e sono pronti a costituirsi in gruppo, Conte salirebbe al Colle assicurando di avere già una nuova maggioranza composta da Pd, M5s, Leu e, appunto, la 'quarta gamba' (in realtà le due quarte gambe, una a Montecitorio intorno a Tabacci e Polverini e l’altra al Senato intorno al Maie, al comandante De Falco, ai forzisti Causin e Rossi, l’ex collaboratrice di Berlusconi ieri avvistata a Palazzo Chigi). A quel punto, il premier chiederebbe un nuovo incarico per formare il Conte-ter.

Un governo - e una maggioranza - che potrebbe (periodo ipotetico) aprirsi anche a Renzi e Italia Viva, ma senza che lo stesso Renzi abbia un potere di veto. Ciò che frena Conte sono le incognite che strutturalmente accompagnano il gesto delle dimissioni. Il minuto dopo, il premier è meno padrone del proprio destino. Anche perché le ultime ore del presidente del Consiglio sono state segnate più da sospetti che da certezze. Ai vertici del Pd e di M5s, nessuno ha chiuso con parole davvero nette alla mano tesa di Italia Viva. Di più, tra i dem si sono palesati in diversi favorevoli a riprendere il filo con Iv. Non sfugge inoltre a Palazzo Chigi la fitta batteria di dichiarazioni favorevoli a un governo istituzionale il cui ostacolo principale, ritengono, è proprio Conte. Motivo per cui le dimissioni, così come sono accarezzate, così sono allontanate.

A favore di un altro scenario, che prevede di andare in aula sulla giustizia e, se le cose andassero male, sacrificare il ministro. Il rapporto personale tra il premier e il Guardasigilli porta anche a ipotizzare che Conte chieda a Bonafede il 'passo di lato' prima della relazione, sminando il voto e aprendo così il 'rimpastone'. Ma si tratta di soluzioni precarie, che danno più l’immagine di uno stallo e di un affanno che di un rilancio. E che vedono i vertici di Pd e M5s perplessi. Perplessità che potrebbero diventare pressioni, martedì, a lasciare prima di pregiudicare soluzioni alternative.

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