mercoledì 22 maggio 2024
Protagonista l’esordiente Celeste Dalla Porta Il regista: «Nel film racconto lo scorrere del tempo e che la verità non fa parte della giovinezza»
Celeste Dalla Porta, Dario Aita and Daniele Rienzo in una scena del nuovi film di Sorrentino.

Celeste Dalla Porta, Dario Aita and Daniele Rienzo in una scena del nuovi film di Sorrentino. - ANSA

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Una partitura jazz per raccontare Napoli, le sue contraddizioni estreme e le complesse stratificazioni, il suo costante mettersi in scena tra eccessi e spudoratezze, sacro e profano. Paolo Sorrentino torna in concorso a Cannes (unico film italiano), il festival che lo aveva fatto “esplodere”, con Parthenope, storia di una donna dagli anni Cinquanta a oggi, interpretato dalla giovane esordiente Celeste Dalla Porta con Silvio Orlando, Gary Oldman, Luisa Ranieri, Isabella Ferrari, Peppe Lanzetta, Stefania Sandrelli.

Sogno e desiderio nutrono la giovinezza della protagonista, ma senza rimpianti e malinconia, dice il regista, che ha girato anche a Capri. «C’è però il racconto dello scorrere del tempo, del passaggio dell’età. La verità non fa parte della giovinezza, luogo dove si ha a che fare con l’insincerità, la spensieratezza, il sogno, il desiderio e il racconto epico di sé. Un racconto che si interrompe nella fase in cui dalla vita estetica si passa alla vita etica, quando si diventa responsabili, quello che sei non ti piace, fai molti tentativi per uscire da te stesso, ma non ci riesci. Infine accetti quello che sei e l’unica possibilità che hai è quella di stupirti ancora una volta, come accade alla protagonista nel finale del film».

Il film, a detta di Sorrentino, non è neppure una lettera d’amore alla sua città, fotografata con grande suggestione da Daria D’Antonio. « Non sono mai stato in grado di scrivere lettere d’amore. Il film nasce dal desiderio di misurarsi con due misteri, la donna e Napoli, che per buona parte del film si sovrappongono. Ho rinunciato sin dall’inizio all’ambizione di raccontare una donna, ma ho pensato di mettere in sintonia il mio lato femminile con quello della protagonista. Quando parlavo del dolore e dell’angoscia legati allo scorrere del tempo con gli uomini mi sembrava che questi mettessero in moto il loro proverbiale infantilismo, facendo finta che il tema non li riguardasse. Quando invece ne parlavo con le donne sentivo una profonda corrispondenza. Parlavamo la stessa lingua».

Il regista Sorrentino a Cannes con Stefania Sandrelli e l'esordiente Celeste Dalla Porta

Il regista Sorrentino a Cannes con Stefania Sandrelli e l'esordiente Celeste Dalla Porta - Reuters

Nel film, che racconta diversi rapporti amorosi della protagonista – proibiti, indimenticabili, mancati, vissuti –, cede però a una scena di cattivo gusto, quando Parthenope, vestita solo dai gioielli del tesoro di San Gennaro, seduce il vescovo di Napoli. «Un personaggio – spiega il regista - che incarna, nella mia visione, una figura faustiana, demoniaca, ricorrente nel racconto epico, ovvero un uomo che riesce a tenere insieme le sue contraddizioni facendo di queste un elemento di fascino anziché critico. Mi rendo conto che potrebbe sembrare una provocazione, ma Napoli è una città che ha a che fare con gli estremi anche perché, andando continuamente “in scena”, ha bisogno di alzare tutte le volte il tiro. E la città mette in scena se stessa anche in maniera rocambolesca, trasgressiva, sordida».

Nel parlare dei propri maestri, Sorrentino cita il regista Antonio Capuano, lo sceneggiatore Umberto Contarello e sua madre. E a proposito della costruzione dei dialoghi, il regista commenta: «Scrivere dialoghi è come avere orecchio e suonare il pianoforte. O hai talento nel farlo oppure no. È facile non essere naturalissimi poi quando si racconta Napoli, una città che ha sempre a che fare con l’incredibile. La sua teatralizzazione ti impedisce di essere realistico, anche se con il tempo ho imparato nelle mie messe in scena a fare i conti con il caos della realtà».

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