mercoledì 27 marzo 2024
Dopo decenni di racconti per l’infanzia “femminili” che reiteravano luoghi comuni e dove le “Pippi calzelunghe” erano eccezioni, dagli anni '80 l’editoria ha cambiato rotta. E oggi è all'avanguardia
Altro che "serie B": così le bambine hanno conquistato la letteratura

Icp

COMMENTA E CONDIVIDI

Produzione di “serie B”: questo pregiudizio “antico” ha caratterizzato fino a metà del secolo scorso la letteratura per l’infanzia e spesso ne ha impedito una piena valorizzazione critica; oggi, per fortuna, non è più così perché grazie all’impegno di autori, illustratori, editori la qualità di albi e libri è buona e il mercato rispetto all’altra letteratura ha retto bene anche in momenti di crisi. In questo contesto positivo chi, per ragioni professionali (giornalista, studioso, membro di Giurie di premi letterari), ha possibilità di leggere e valutare decine di testi, si rende ben conto che all’interno di una così variegata produzione si intrecciano strade e sentieri capaci di riflettere linee di tendenza e diventare specchio di cambiamenti sociali, di nodi civili non risolti, di istanze di rinnovamento.

Parlare di bambine o ragazze protagoniste di libri per l’infanzia significa dunque far emergere anche quei valori pedagogici che nei diversi secoli e decenni hanno caratterizzato l’educazione femminile vista come elemento a sé stante all’interno di un più ampio progetto educativo; non sfuggirà, ad esempio, che fino agli anni Settanta del secolo scorso fosse presente una “letteratura al femminile” tesa a sottrarre le bambine al mondo letterario dell’avventura (una bambina lettrice di Salgari era un “maschiaccio”) e a predisporre per loro testi specifici come L’enciclopedia della fanciulla (Fratelli Fabbri 1963) che offriva, ad esempio, suggerimenti sul come mantenere le mani o «curare gli accessori per l’eleganza»…

Sembrava quasi, insomma, che le giovani protagoniste di classici costruiti sull’intraprendenza e autonomia del personaggio e amati da generazioni di lettrici e lettori come l’Alice (1865) di Carroll, Jo di Piccole donne (1868) della Alcott, Bibi (1929-1939) di Karin Michaëlis, Pippi calzelunghe (1945) di Astrid Lindgren, potessero alla fine giocare solo un ruolo di piacevole testimonianza davanti ad “apparati” storici che venivano da più lontano e che volevano formare brave “donnine”.

Per fortuna gli anni Ottanta segnano una linea di demarcazione anche per quanto riguarda il cambiamento di prospettiva: bambine e ragazze protagoniste agiscono con naturale libertà in un mondo dove troppo spesso gli adulti sono “distratti” nei confronti dell’infanzia; anticipatrice di questa linea è in Italia Giana Anguissola che, pur su un impianto di romanzo tradizionale, sa consegnarci ragazze capaci, ad esempio, di progettare un futuro anche al di fuori delle pareti domestiche: le figure di Violetta la timida (1963) risultano da questo punto di vista esemplare. Vera protagonista della “svolta” è comunque Bianca Pitzorno le cui bambine entrano nella storia della letteratura contemporanea con forza rappresentativa ma anche con leggerezza e ironia; Pitzorno in L’incredibile storia di Lavinia (1985), Speciale Violante (1989), Ascolta il mio cuore (1991), Tornatrás (2000), La bambinaia francese (2004) non solo coglie le specifiche “profondità” dell’infanzia femminile ma dà anche esempio di stile perché lega con intelligenza la grande narrativa ottocentesca alle esigenze linguistiche e formali della contemporaneità.

Con Pitzorno e al di là di bambine “raccontate” da autori di grande successo come Dahl (la sua Matilde del 1988 è personaggio straordinario), sono le scrittrici italiane a dare continuità a una linea di autonomia femminile capace di reggere anche dal punto di vista del racconto e dello stile: Angela Nanetti, da Cambio di stagione (1988) ad Azzurrina (2004), cala le sue protagoniste in epoche diverse ma sempre, con finezza, pone attenzione alla dimensione psicologica; Giusi Quarenghi in Un corpo di donna (1997) affronta il tema dell’anoressia adolescenziale; Vanna Cercenà racconta la storia di Matilde di Canossa (2014) da bambina e ragazzina e dimostra che un’ambientazione storica lontana nel tempo non soffoca né l’approfondimento psicologico né la qualità della scrittura; Vivian Lamarque in Storia con mare, cielo e paura (2024) assume come personaggio una “bambina senza nome” che vive in una casetta in cima all’albero maestro di una nave...

Da segnalare comunque che solo dalla fine degli anni Ottanta si ha un netto allontanamento dai luoghi comuni e una sistematica valorizzazione delle giovani protagoniste come figure indipendenti: vi contribuiscono collane “forti” come Ex Libris” (1989) e “Frontiere” (1994) della EL ma soprattutto “Gaia Junior” della Mondadori (1988) che, destinata alle lettrici adolescenti, propone romanzi lontani dagli stereotipi di genere e vicini alla valorizzazione di identità specifiche... Romanzi, racconti, protagoniste attive, capaci di coniugare passione e intelligenza, come, d’altra parte, intelligenti e appassionate sono state mezzo secolo fa le protagoniste dei cambiamenti nell’editoria italiana per l’infanzia, dalla fondazione di nuove case editrici (Gabriella Armando, “Nuove Edizioni Romane”; Nicoletta Codignola, “Nuova Italia Educazione Primaria”; Loredana Farina, “La Coccinella”; Orietta Fatucci, “EL”; Patrizia Zerbi, “Carthusia”…) alla direzione di collane (Donatella Ziliotto, “Martin pescatore”, Vallecchi e “gl’istrici”, Salani), di settori editoriali (Margherita Forestan, “Mondadori”) e alla diffusione all’estero della nostra editoria (Carla Poesio)…

Tutti nomi femminili legati a un passato recente che trovano conferma nel fatto che anche oggi sono declinate al femminile molte responsabilità dirigenziali e redazionali e che, primato costante da anni, bambine e ragazze fino ai 14 anni leggono molto più dei maschi. Non deve stupire neppure, dunque, il numero rilevante di scrittrici, l’ottima qualità di molti loro testi e la presenza fra i vincitori e i segnalati di molti autorevoli premi come è successo al “Premio Campiello Junior” che nell’edizione di quest’anno ha visto nelle due terne finaliste tre romanzi di altrettante scrittrici.

Il premio / A Vicenzail “Campiello Junior”​a Petrosino e Palumbo

Ieri a Vicenza la proclamazione dei vincitori del concorso dedicato alla narrativa e alla poesia per i più piccoli “Campiello Junior”, promosso dalla Fondazione Il Campiello – Confindustria Veneto e dalla Fondazione Pirelli e la cui giuria è presieduta da Pino Boero, del quale proponiamo qui sopra un intervento sul tema delle bambine nelle letteratura per l’infanzia. Per la categoria dedicata ai bambini tra i 7 e i 10 anni vince Angelo Petrosino per il libro Un bambino, una gatta e un cane (Einaudi); secondo Fabrizio Silei con Il Grande Discorso di Cocco Tartaglia (Emme Edizioni), terza Elisa Ruotolo con Il lungo inverno di Ugo Singer (Bompiani). Per la categoria ragazzi dagli 11 ai 14 anni riconoscimento a Daniela Palumbo con La notte più bella (Piemme). davanti ad Alice Keller con Fuori è quasi buio (Risma) e Andrea Molesini con Storia del pirata col mal di denti e del drago senza fuoco (HarperCollins).

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI