venerdì 30 maggio 2014
In Australia i funzionari delle Finanze ricorrono allo stimolante Modafinil per finire in tempo il Bilancio. E l’uso di farmaci su persone sane entra anche nel nuovo Codice deontologico dei medici.
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La rivoluzione della burocrazia passa dal potenziamento umano? Si spera non sia solo questa la ricetta – letteralmente – per aumentare la produttività dei dipendenti pubblici. Arriva infatti dall’Australia la notizia di funzionari delle Finanze che, sotto pressione per le modifiche al Bilancio federale, hanno svolto turni di 16-18 ore assumendo modafinil, uno stimolante di solito prescritto contro la narcolessia, ma usato anche dai militari per aumentare attenzione e reattività. Il «Courier-Mail» on line riferisce che una fonte ha svelato il massiccio ricorso al farmaco da parte dello staff impegnato a metà maggio in una corsa contro il tempo per adeguare il documento finanziario alle novità legate al rimborso delle spese mediche, alla nuova tassazione per le famiglie e all’anticipo delle riforma delle pensioni. Un superlavoro che al ministero da qualcuno è stato affrontato con un aiuto "chimico". E senza l’approvazione dei medici. Il modafinil (conosciuto come Modavigil in Australia) è infatti venduto su prescrizione solo per trattare casi specifici di sonnolenza cronica. Gli esperti interpellati dal giornale segnalano che di per sé assunzioni sporadiche non sono pericolose. Ma il rischio è l’abuso: "una pastiglia va bene, quattro sono meglio" è infatti la tentazione in cui cade inevitabilmente l’utilizzatore occasionale o inesperto. E gli effetti collaterali possono non essere irrilevanti, con forte variabilità individuale, come sempre accade per i farmaci. Il caso denunciato al ministero delle Finanze australiano accende un altro riflettore sul tema del potenziamento (meglio noto nel dibattito bio e neuroetico internazionale come "enhancement"), che è stato introdotto anche nel nuovo codice deontologico appena varato – non senza polemiche – dai medici italiani. All’articolo 78 si dice infatti che «il medico, quando gli siano richiesti interventi medici finalizzati al potenziamento delle fisiologiche capacità psico-fisiche dell’individuo, opera secondo criteri di precauzione, proporzionalità e rispetto dell’autodeterminazione della persona, acquisendo il consenso informato in forma scritta». Uno dei punti chiave nella discussione tra fautori e oppositori dell’enhancement è proprio l’autonomia individuale di chi sceglie di potenziarsi rispetto a considerazioni sui rischi, sul rispetto dei limiti e delle condizioni esistenziali date, sull’uguaglianza nella competizione e sulle conseguenze sociali generali. Un’altra linea di difesa dei potenziatori riguarda la blanda efficacia dei prodotti attualmente disponibili (ben diversa dalla fantascienza di film come <+Ev_cors>Limitless<+Ev_testoband>) e anche la sostanziale similarità dei problemi etici che essi sollevano con quelli legati a sostanze già disponibili (caffeina) o a pratiche già diffuse (lezioni private). Lo stesso Comitato nazionale per la bioetica se ne è occupato, illustrando temi e problemi, con un documento specifico pubblicato nello scorso febbraio: «Neuroscienze e potenziamento cognitivo farmacologico: profili bioetici» (disponibile liberamente sul sito www.governo.it/bioetica/pareri.html). Un tema che, non è difficile prevederlo, sarà sempre più al centro della riflessione pubblica.
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