martedì 12 gennaio 2016
È naufragata per mancanza di firme la dichiarazione proposta da 14 eurodeputati a Strasburgo per affermare il «diritto di morire».
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Per quanto puramente simbolica, si può ben dire che al Parlamento europeo i fautori dell’eutanasia abbiano dovuto subire una cocente sconfitta. Perché ha visto una sonora bocciatura una dichiarazione scritta promossa da 14 eurodeputati (Socialisti, Verdi, Liberali e Sinistra Unitaria, nessun italiano) sulla «dignità al termine della vita». Un documento, val la pena sottolineare, che ha un valore piuttosto ridotto, visto che rimane comunque una dichiarazione di una serie di deputati e non impegna l’intero Parlamento in quanto istituzione, come invece è il caso di una risoluzione. E infatti non prevede neppure un voto. Resta però, appunto, il valore simbolico. Il testo è piuttosto netto: «Il diritto alla vita nella dignità richiede il diritto a morire in dignità», si legge nel documento. Si afferma quindi che «tutti i cittadini europei, a prescindere dalla loro nazionalità, in fase avanzata o terminale di una malattia non curabile, che causi sofferenze fisiche o mentali insopportabili che non possono essere alleviate, devono avere la possibilità di beneficiare dell’assistenza medica per porre fine alle propria vita in modo dignitoso». E, infine, si «esorta» la Commissione a «intraprendere un’analisi di varie forme dei servizi di fine vita forniti dagli Stati membri per identificare le pratiche migliori». Da notare che ancora una volta (come avvenuto in altri ambiti, soprattutto il diritto familiare), gli eurodeputati proponenti ignorano completamente il principio di sussidarietà, e cioè il fatto che, da trattato Ue, queste materie sono rigorosamente riservate agli Stati nazionali e dunque Bruxelles non ha sostanzialmente voce in capitolo. Certo è che l’iniziativa è stata completamente snobbata: anzi, si potrebbe dire che si è registrata di fatto una vasta maggioranza contraria a questo testo. Basti dire che lo hanno firmato solo 95 dei 751 membri del Parlamento europeo. L’attenzione, però resta. «È chiaro – ha commentato infatti il presidente della Fafce (la Federazione europea delle associazioni cattoliche della famiglia), Antoine Renard – che la lobby pro-eutanasia sta cominciando a lavorare attivamente nel Parlamento europeo». Il rischio, avverte ancora Renard, è che si distolga l’attenzione di chi decide in Europa «da quello che l’Ue potrebbe fare per promuovere buone pratiche negli Stati membri sulle cure palliative e il sostegno alle famiglie che si prendono cura di una persona in fase terminale», deviandola, invece, sulla “miglior pratica” in materia di eutanasia.

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