lunedì 15 settembre 2014
Elisabetta rompe il silenzio. Altalena nei sondaggi sull'indipendenza: per l'Observer unionisti al 53%, secessionisti al 47%, caccia agli indecisi. I manager del Regno unito: rischio catastrofe
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È un consiglio che suona quasi come un monito. "Spero che la gente (in Scozia) penserà con molta attenzione al futuro". Sono le parole che secondo il Times ha pronunciato la regina alla folla di fronte alla chiesa di Crathie Kirk, non lontano dalla tenuta reale di Balmoral in Scozia, dopo la consueta funzione domenicale a cui partecipa la sovrana. Pur con il consueto garbo, Elisabetta II entra così nell'acceso dibattito sul referendum scozzese sull'indipendenza il cui risultato è oggi più che mai indeciso, coi due schieramenti che sono testa a testa nei principali sondaggi.    Un portavoce di Buckingham Palace non ha voluto commentare quanto attribuito alla sovrana, che nei giorni scorsi si era chiamata fuori, affermando che si tratta di "conversazioni private": "il Palazzo è stato molto chiaro sull'imparzialità costituzionale della regina su questo argomento e sul fatto che spetta al popolo di Scozia decidere", ha aggiunto. Le parole della sovrana, che logicamente aspira a mantenere unito il suo regno, non appaiono così neutrali soprattutto alla luce di quanto si discute da giorni: da più parti vengono lanciati allarmanti previsioni proprio sul futuro della Scozia, che rischia il tracollo economico in caso di secessione. Come emerge anche da un sondaggio realizzato dal Sunday Telegraph fra i presidenti delle 100 maggiori società quotate sulla Borsa di Londra: l'80% vede nell'indipendenza effetti negativi per il Regno Unito. Questo mentre continua l'altalena dei sondaggi, che non permettono di far previsioni su chi sarà il vincitore. In una rilevazione per l'Observer, gli unionisti sono al 53%, mentre i secessionisti al 47%, se si escludono gli indecisi. In quella del Sunday Times la differenza fra i due schieramenti è minima: il 'nò è al 50,6% mentre il 'sì' al 49,4. In quella del Sunday Telegraph, invece, i secessionisti sono al 54% mentre gli unionisti al 46%. "Non è facile fare previsioni, abbiamo assistito a spostamenti drastici dei consensi da una parte all'altra", ha detto Martin Boon, a capo dell'istituto di rilevazione Icm Research. Negli ultimi giorni sarà 'caccià agli indecisi, che vengono stimati in 500 mila. Su un punto i due schieramenti concordano: sarà un referendum storico, con conseguenze di lungo termine.

Lo hanno ammesso il primo ministro scozzese, Alex Salmond, e l'ex ministro del Tesoro, Alistair Darling, a capo rispettivamente della campagna del 'sì' e del 'nò, che oggi sono stati intervistati dalla Bbc. Salmond ha dichiarato che si tratta di un voto che "capita una volta in una generazione o forse nella vita", rispondendo alla domanda di chi gli chiedeva se in caso di sconfitta i nazionalisti cercheranno di organizzare un nuovo referendum. Dal canto suo, Darling ha precisato che non ci sarà modo di tornare indietro nel caso in cui vincano i secessionisti. Ha anche detto di non essere sorpreso del testa a testa nei sondaggi. "Lo avevo detto un anno fa che sarebbe andata così. È la più importante singola decisione che mai prenderemo", ha sottolineato l'ex Cancelliere dello Scacchiere. Intanto viene trascinata nel dibattito elettorale un'altra grande istituzione britannica. Migliaia di sostenitori del 'sì' all'indipendenza hanno manifestato oggi di fronte alla sede della Bbc a Glasgow accusando l'emittente pubblica di essere prevenuta nella copertura del referendum e di sostenere gli unionisti.

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