martedì 15 novembre 2011
Prato, la denuncia del cappellano della comunità: i datori di lavoro non vogliono “perdere” neanche un’ora. La Chiesa pratese è da anni in prima linea nella difesa dei diritti di queste persone come ha sottolineato il vescovo Gastone Simoni che ha parlato di «schiavitù della porta accanto».
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​Essere cinesi e cattolici è difficile. Anche a Prato. Molti lavoratori orientali sono costretti a rinunciare a partecipare alla Messa domenicale o ad altre attività parrocchiali. Altrimenti rischiano il licenziamento. A denunciarlo, sul settimanale “Toscana Oggi”, in edicola questa settimana, è don Francesco Saverio Wang, il cappellano della comunità cattolica cinese. I datori di lavoro spesso non sono cristiani e «non concepiscono che una persona si assenti anche solo per un’ora per andare a Messa». Così i fedeli sono costretti a disertare le funzioni. Prosegue don Wang: «Chiedono magari il permesso una volta, massimo due, poi hanno paura a chiederlo per la terza volta, perché sanno che rischiano di perdere il lavoro». La comunità cattolica cinese - che si ritrova stabilmente nella parrocchia dell’Ascensione a Il Pino - racconta di alcuni casi, in un contesto di lavoro sommerso, in cui operai cinesi sono stati licenziati per avere partecipato a determinate iniziative parrocchiali, come gite o ritiri. «Proprio a causa degli estenuanti orari di lavoro – prosegue don Wang – , dalle 10 alle 15 ore al giorno, diventa difficoltoso essere presenti alle attività parrocchiali, se non in rari momenti domenicali, anche perché è impossibile tutelare l’impiego senza un adeguato contratto». Di questi temi si parla all’interno del Consiglio pastorale dei cattolici cinesi di Prato, circa 150 persone, nato in seno alla parrocchia del Pino. A chi conosce la Chinatown pratese - una delle più grandi d’Europa - non fa meraviglia il caso sollevato dalla comunità cattolica orientale. Il mancato rispetto dei diritti umani e delle regole del lavoro assume spesso la rilevanza del dramma nei tanti capannoni della zona industriale colonizzata dagli orientali: lavoratori clandestini, spesso comunque a nero, turni di lavoro massacranti, condizioni di sicurezza e di igiene che dir precarie è poco. Il vescovo Gastone Simoni è stato tra i primi, già molti anni fa, a levare la sua voce per denunciare «la schiavitù della porta accanto». Poco, finora, sembra aver potuto anche la politica repressiva dell’amministrazione comunale di centrodestra, la prima dopo più 60 anni, improntata inizialmente a blitz spettacolari. D’altronde la presenza cinese, se sia più risorsa o problema, divide la politica pratese da anni. Ne è testimonianza anche la presa di posizione dell’assessore alla sicurezza del Comune Aldo Milone, lo «sceriffo» pratese come molti lo chiamano.La Chiesa locale, dal canto suo, invita a guardare ai cinesi innanzitutto come persone. L’avanposto è la comunità cattolica, piccola ma significativa, guidata da un sacerdote e organizzata con un consiglio pastorale ad hoc. Non a caso don Wang non è soltanto il cappellano dei suoi connazionali, ma anche il viceparroco della comunità parrocchiale dell’Ascensione, dove i cinesi cattolici si ritrovano. Un segno che un dialogo e, ancor prima, un rispetto reciproco è possibile.
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