mercoledì 22 agosto 2012
​Nuovo furto al centro di accoglienza fondato nel quartiere palermitano di Brancaccio dal beato padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993. La minaccia di trasferimento sa di provocazione. Ma la rabbia è tanta: in 19 anni nessuno dei responsabili di furti e devastazioni è stato identificato.
Restate, ci siamo di Giuseppe Anzani
COMMENTA E CONDIVIDI
L'ennesimo furto, l’ennesima denuncia, l’ennesima costatazione che la gente del quartiere non ha visto nulla. È stato ancora una volta duramente colpito il centro Padre Nostro di Brancaccio, a Palermo, quel luogo di accoglienza e sostegno fondato da don Pino Puglisi, il parroco ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 e che presto sarà beato. Questa volta, a essere preso di mira è stato il centro polivalente sportivo intitolato a Puglisi e Massimiliano Kolbe, inaugurato l’anno scorso.Ignoti, dopo essersi introdotti nella struttura in via San Ciro, hanno portato via le persiane esterne e gli infissi interni in alluminio. Un lavoro chirurgico, di cui nessuno nella strada sembra essersi accorto. Eppure sarà stato usato almeno un furgone per portare via il materiale dall’apertura che dà direttamente sulla via. Già nel mese di maggio scorso erano stati rubati una stampante-fotocopiatore, un decespugliatore, un tagliaerba, una cassetta degli attrezzi, materiale di cancelleria, una webcam, e anche lo scudetto del Palermo donato ai bambini dal Palermo Calcio. Uno stillicidio di aggressioni che sta portando all’esasperazione volontari e operatori del centro. «Questi piccoli furti, in questi 19 anni hanno avuto l’obiettivo di avvelenare l’umore dei volontari e degli operatori del centro – afferma con rabbia il presidente Maurizio Artale –. La tecnica è somministrare dosi di veleno non in maniera massiccia e letale ma in piccole quantità, per far morire la vittima, lentamente. L’obiettivo è farci stancare, spingerci a gettare la spugna, farci arrendere, sfrattarci da Brancaccio. Non nascondo che tante volte ci abbiamo pensato e oggi più che mai». In particolare, Artale lamenta una mancanza di volontà nel punire i responsabili di questi atti. «Nell’anno in cui il Papa ha autorizzato la proclamazione di beatificazione di padre Pino Puglisi, noi volontari e operatori del centro da lui fondato, da 19 anni aspettiamo che prendano i responsabili di questi furti e atti intimidatori fatti al centro e a noi operatori. Siamo stanchi di sentirci dire che sono ragazzate, perché, se è così, questi ragazzetti hanno messo in scacco le forze della polizia e gli inquirenti per quasi un ventennio, visto che a oggi mai nessuno di loro è stato identificato. Questo quartiere e la sua comunità, questa città e i suoi abitanti hanno avuto un dono da Dio, padre Pino Puglisi con la sua creatura, il centro di accoglienza Padre Nostro. Penso che abbia dato perle ai porci e, se è così, non ci resta che sbattere la polvere delle nostre scarpe e andare altrove».Parole molto dure ma che hanno il sapore di una provocazione. Il centro Padre Nostro, infatti, non ha alcuna intenzione di andare via dal quartiere. I locali saranno restituiti alla diocesi, visto che il centro non è più legato alla parrocchia di San Gaetano come inizialmente era stato, ma è già stato acquistato un appartamento dall’altro lato della strada, in cui spostare la sede legale. Anzi, l’associazione aspira a entrare in possesso dei magazzini di via Azolino Hazon, un tempo sede di attività illegali e oggetto di molte battaglie di don Puglisi e del Comitato Intercondominiale e oggi ristrutturati dall’amministrazione cittadina.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: