martedì 20 ottobre 2015
​Medici senza frontiere e Caritas denunciano: a Lampedusa e Porto Empedocle molti stranieri vengono respinti a priori, tra loro anche minori e donne incinte.
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​Dal Cpsa di Pozzallo e dall'hotspot sperimentale (ex Cpsa) di Lampedusa, passando per Porto Empedocle, sono diventati più rapidi nell'ultimo periodo i respingimenti dei migranti anche in situazione di vulnerabilità. Sui due territori (Pozzallo e Porto Empedocle), nel mese di novembre, dovrebbero attivarsi due dei cinque hotspot previsti nell'Isola. Dal 24 settembre a oggi 100 migranti "vulnerabili" arrivati al centro di prima accoglienza (Cpsa) di Pozzallo che necessitavano di cure mediche sono stati respinti, subendo procedure di identificazione più rapide con un approccio diverso rispetto a prima. A renderlo noto  è Medici senza frontiere, che all'interno del centro ha un suo presidio medico e che si aspetta un chiarimento da parte delle autorità competenti. Tra le cento persone, dell'ultimo periodo, c'erano, donne, anche incinte, minori e persone vulnerabili, passate attraverso viaggi in mare che necessitavano di continuare le cure mediche. La struttura, dove per il momento ci sono 50 migranti, dovrebbe diventare a novembre uno dei cinque hotspot siciliani. Intanto, altri respingimenti di migranti sono avvenuti, venerdì scorso, a carico di alcuni subsahariani, provenienti da Cpsa (adesso hotspot sperimentale) di Lampedusa, dopo altre identificazioni frettolose e sommarie. A dirlo, questa volta è la Caritas di Agrigento che ha ascoltato il racconto di dieci migranti provenienti da Lampedusa, trasferiti a Porto Empedocle e poi alla stazione dei treni di Agrigento. "Migranti provenienti dall'Africa subsahariana, arrivati a Lampedusa e trasportati a Porto Empedocle - dice Valerio Landri, direttore della Caritas di Agrigento -, sono stati sottoposti a un procedimento sommario di valutazione in merito alla 'possibilità di richiedere protezione internazionale". In sintesi, pare che adesso, sulla semplice base del paese di provenienza la questura possa decidere se consentire o meno a un migrante di chiedere protezione all'Italia, dice ancora il direttore della Caritas. In questa confusione all'italiana chi ci va di mezzo sono ancora una volta i più fragili e il privato sociale ed ecclesiale (Caritas, parrocchie, associazioni di volontariato, privati cittadini) che sentirà di dover dare una risposta umana ad una prassi che di umano non ha nulla.
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