sabato 28 maggio 2016
Disabilità, riscatto a passo di flamenco
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La passione non ha disabilità. E nemmeno può averne. La passione è quei ragazzi down che danzano il flamenco sul palco del teatro comunale di Carpi insieme a quattro ballerine professioniste. È nei ragazzi in carrozzella o con disturbi mentali che imparano l’arte e poi la espongono nelle gallerie, per esempio. È nel 'Festival internazionale delle abilità differenti' che è appena diventato maggiorenne con questa sua diciottesima edizione ed è organizzato dalla carpigiana cooperativa sociale 'Nazareno'. Festival che chiude oggi a Bologna dopo un mese di appuntamenti fra Carpi, Modena, Correggio e appunto il capoluogo emiliano. «Le ballerine!». Qui dal 1998 «la disabilità diventa occasione per testimoniare un’eccellenza », dice Maura Bondi, dell’organizzazione.
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Si cerca «la giusta attenzione per le persone disabili, che prima di tutto sono persone», con le parole di Sergio Zini, presidente della cooperativa 'Nazareno'. Luca vive sulla sedia a rotelle, ha una quarantina d’anni ed era in prima fila alla serata nel teatro comunale e a chiedergli «cosa ti è piaciuto di più» scoppia a ridere sornione. «Le ballerine di flamenco?» e lui «Sì, sì!». Non condanna, ma forza. A proposito, ai ragazzi del 'Nazareno' insegna, fra gli altri, Manuela Candini, che è artista e docente all’Accademia bolognese di belle arti: «La disabilità non è certo un ostacolo insormontabile per l’arte e probabilmente neppure per i disabili stessi» – spiega –, semmai «per qualcuno di noi forse... sì». Insomma, ancora secondo Zini, «la bellezza è fuori di noi: a noi il compito di darle ospitalità, perché se dalla fragilità sgorga la bellezza, rinasce la speranza per ciascuno». Maura Bondi lo sottolinea: «La disabilità non è un marchio che ti condanna all’infelicità, ma anzi è una dimostrazione di forza». Mentre a Chiara Bellardi, anche lei nell’organizzazione del Festival, «questi anni mi hanno dato ogni volta l’incontro con il limite». Colpi al pregiudizio. Bisogna ricostruire una cultura dell’accoglienza «e non dello scarto» – spiega Zini – che poi «è lo scopo che abbiamo e forse un pochino è cambiata». Tra le iniziative festivaliere ci sono stati alcuni incontri fra gli universitari e i bambini delle primarie, facendo giocare questi ultimi con la benda sugli occhi (come chi è cieco) o su una sedia a rotelle (come chi è paraplegico) o con i tappi nelle orecchie (come chi è sordo): «Il pregiudizio si può sconfiggere anche attraverso queste attività», dice Andrea Corradini, mentre per Martina Santini «la reazione dei bambini è stata la cosa più importante, non hanno mostrato né paura, né disprezzo verso la diversità e «alla fine ci hanno ringraziato e abbracciati », annota Giada Conati. «Stanotte non dormirò». I ragazzi down della compagnia 'Psicoballet' sono arrivati ieri da Madrid. La cena in pizzeria è uno spasso: «Domani sera danzerò per la prima volta questo pezzo in teatro», racconta una di loro. «Dormirai stanotte?», le chiedono e lei «non lo so...», fra le risate degli altri. Cosa vi piace di più di questa esperienza? «Stare tutti insieme». La sera dopo, sul palco si guadagneranno un paio di minuti d’applausi col loro ' Mar de suenos' ('Mare di sogni!'), spettacolo di danza moderna carico di colori e gioia e speranza. Il ricordo di don Ivo. Questa diciottesima edizione è anche la prima senza il fondatore della coooperativa sociale 'Nazareno', don Ivo Silingardi, che si è spento lo scorso 27 marzo dopo una vita dedicata a Dio e a chi è più fragile: «Abbiamo aperto ogni serata col video del suo ricordo e forse per me è stata la cosa più emozionante del Festival– dice Zini –. Quanto ci manca? Da uno a cento, cento...». 
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