lunedì 14 settembre 2015
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Gentile direttore,
desidero aggiungere all’argomento “Matrimonio e vita sessuale” riportato su Avvenire del 29 luglio e dell’8 agosto, la mia esperienza, quale docente di fisiologia umana, riguardo al capitolo della riproduzione, che approfondivo con un corso su “Principi di regolazione naturale della fertilità”. Corso frequentatissimo e apprezzato sia dalle ragazze, che si cimentavano a riconoscere – su loro stesse – quei “sintomi” e “segni” che il corpo invia durante la rivoluzione ormonale ciclica tipica dell’ovulazione, che i ragazzi, non solo come futuri medici possibili operatori nel settore, ma anche come soggetti parte in causa nella realizzazione di una futura relazione armonica, tra l’imperturbabile stabilità ormonale maschile, e la ciclicità femminile.
 
 
I figli si fanno (o non si fanno) in due, così come in due si condivide il piacere, la gioia ed il sacrificio. L’equilibrio del sistema femminile stupisce e le sue perturbazioni da comportamenti disordinati (fumo, droghe, alcol, palestre esagerate, diete allo sbando, notti insonni e anche molecole chimiche contraccettive/controgestative) preoccupano, così come gli stress che la vita moderna sembra irrimediabilmente imporre. L’ecologia del rapporto affascina e rende consapevoli di come il carico d’inquinamento – oggi proposto con una certa ovvietà e innocuità – non sia condiviso ma pesi solo sul corpo della donna.
 
 
Entrando nel merito dell’intervista al teologo don Maurizio Chiodi mi stupisce la maniera sbrigativa e sinceramente superficiale di alcune sue affermazioni inerenti il «primato della libertà illuminata dalla coscienza», che condividerei in linea di principio, se la coscienza non fosse oscurata dall’ignoranza e/o dalla menzogna ampiamente propagandata. Il livello d’informazione, sul questo tema, registrato per oltre vent’anni nella popolazione di studenti dai 22-24 anni e al terzo anno di studi medici, era purtroppo deludente – non tanto per la (ir)responsabilità dei giovani – quanto piuttosto per la (dis)informazione martellante veicolata dalla propaganda; se poi questa misura la valutassimo per tutta la popolazione studentesca, troveremmo la stessa, se non maggiore, ignoranza, rendendo difficile sostenere che vi sia nella giovane popolazione una diffusa coscienza formata e retta, tale da illuminare scelte libere.
 
 
Una seconda affermazione riguarda l’inclusione, tra i comportamenti che «custodiscono un modo buono di vivere l’esperienza della generazione» oltre alla contraccezione, la procreazione assistita (presumo intenda la Fivet: fecondazione in vitro e trasferimento di embrione in utero). Qui la questione si sposta sul figlio e sulla sua vita. La contraccezione, che don Chiodi presumo intenda ormonale e/o strumentale come la “pillola” e la spirale, non impedisce, con probabilità variabile per il limite insito nei mezzi e per la variabilità umana, che avvengano concepimenti che per lo più finiscono miseramente in aborti spontanei.
 
 
La Fivet infine, che si propone di ottenere un figlio, è una questione ancora più grave (indipendentemente da altre considerazioni di cui non c’è qui spazio per enumerarle) poiché per i suoi limiti tecnici, sperimentati da quasi 40 anni, se è vero che ha “prodotto” un milione di nati, ha lascia sul campo ben cinque milioni di morti ed un numero imprecisato di embrioni congelati. Non è questo un modo buono di vivere l’esperienza della generazione ma, di fatto, è un embrionicidio il cui peso ancora una volta ricade sulla donna.
 
 
Si racconta che Madre Teresa mentre compieva con le sue seguaci le molte note opere di carità, anche insegnava alle coppie di ogni etnia in terra di missione i metodi di regolazione naturale della fertilità promuovendo, insieme alla dignità e salute della donna, un modo buono di vivere l’esperienza coniugale. Se c’è stato un vuoto ed un ingiustificato ritardo nella formazione, in ambito della pastorale familiare e giovanile nella Chiesa, ritengo che dipenda dalla prevalenza, se non esclusiva dominanza, di operatori uomini.
 
docente Fisiologia umana - Università Pisa
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