mercoledì 11 novembre 2015
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Tanti delegati giovani, al Convegno ecclesiale di Firenze: ragazze e ragazzi che arrivano da ogni parte d'Italia, che si sentono parte della Chiesa e che dal discorso di indirizzo del Papa hanno tratto una nuova spinta. E poi coppie collaudate, salde nell'impegno, che da Firenze torneranno nelle rispettive comunità con tante idee da realizzare. Qui di seguito, le testimonianze di alcuni delegati;  a ciascuno di loro abbiamo chiesto cosa portano "a casa" delle esortazioni del Papa a una "Chiesa umile, inquieta, lontana dal potere".MATTEO GANORA, ingegnere, 30 anni, accompagnatore a Firenze della moglie Martina, è arrivato  da Casale Monferrato con la figlia Marianna di 9 mesi.

"Ho accompagnato mia moglie Martina a Firenze, lei è una educatrice e si occupa di pastorale giovanile. Cosa riporterò a casa del discorso del Papa? La necessità di una Chiesa che apre le sue porte e le sue stanze e accoglie tutti. La mia parrocchia è già così, ma sento che ora possiamo e dobbiamo farlo capire a tutti, ancora di più. Accoglienza agli stranieri, innanzitutto".MARIA PIA E SERGIO CONDURRO di Napoli, 3 figli, segretari della Consulta diocesana delle aggregazioni laicali, che raggruppa 36 associazioni cattoliche e circa 120 laiche.

"Il Papa ha parlato proprio a noi. Ci ha chiesto personalmente: come incarni la Parola di Cristo laddovi tu vivi? Ecco, a Napoli il volto di Cristo lo vogliamo cercare nei giovani, attraverso l'esperienza delle aggregazioni laicali che seguiamo per la diocesi. Vogliamo andare a cecare i giovani là dove sono, e purtroppo sono sempre meno nelle parrocchie. Dunque andiamo nelle scuole dei quartieri disagiati. Vogliamo portare una realtà umanamente verificabile, noi insieme a loro. Abbiamo una rete capillare di associazioni che lavorano negli angoli della città: condivideremo con tutti loro un percorso. Nessuno è il primogenito, nessuno cammina da solo".MARTA GONZATO, DA VENEZIA, 28 ANNI, FIDANZATA DA 3, DISOCCUPATA, STA STUDIANDO PER UN (SECONDO) DIPLOMA IN OPERATRICE SOCIOSANITARIA

"Sono cooperatrice salesiana, seguo i giovani delle superiori della mia parrocchia di Gazzera, a Mestre. Io delle parole del Papa porto a casa in particolare il valore della concretezza della testimonianza. Nel suo discorso ha parlato dei giovani, li ha invitati a essere forti. Ecco, io so che i giovani, se stanno insieme, sono un vulcano. Purtroppo, per i troppi stimoli esterni spesso i loro doni non fioriscono nel modo più completo e positivo. Dobbiamo continuare a stare con loro, portare nelle loro vita le vie indicate dal Papa: umiltà, disinteresse e le beatitudini".ILARIA MOSCA, 20 ANNI, DA ORVIETO-TODI, E' AL SECONDO ANNO DI FISICA, SI IMPEGNA NELL'EQUIPE ACR DELLA DIOCESI.MARIA SERENA BALDONI, 28 ANNI, DA PERUGIA-CITTA' DELLA PIEVE, LAUREATA IN STORIA DELL'ARTE, COLLABORA CON LA PASTORALE GIOVANILE.TOMMASO SERENI, 22 ANNI, DA TERNI, STUDIA SCIENZE STORICHE, E' RESPONSABILE DELL'ACR DIOCESANO.

Da sinistra: Tommaso, Maria Serena e IlariaTommaso: "Con i ragazzi faccio esperienza di carità. Il Papa ha detto che dobbiamo sostenere i pastori. L'immagine che ha attraversato la mia mente è che dobbiamo spostare il pastore dall'inizio del gregge al fondo del gregge. Dal discorso del Papa ho tratto la forza di un nuovo protagonismo, del sentirmi responsabile. Ora so che io posso andare dal mio vescovo ed essere portatore di un cambiamento".Ilaria: "Il Papa ha focalizzato la nostra attenzione sul messaggio vero del Vangelo, ci ha detto che ciascuno di noi deve evitare le tentazioni di essere attaccato alla dottrina da una parte e al potere dall'altra. Credo che questa ondata di semplicità sia positiva e che la prima caratteristiche che dobbiamo avere tutti sia l'umiltà. I ragazzi che educhiamo a noi chiedono la testimonianza. Dunque, più fatti e meno parole".Maria Serena: "A me di quello che ha detto il Papa ha colpito l'immagine di una Chiesa sporca perché in uscita piuttosto che malata perché troppo attaccata ai precetti. A me ha suggerito di non aver paura di calarmi nella realtà, con tutta l'umiltà possibile. Voglio condividere con i miei ragazi questo 'uscire' suggerito dal Papa". ANTONIO CARTA, 21 ANNI DA LANUSEI, STUDENTE UNIVERSITARIO, VICERESPONSABILE DEL SETTORE GIOVANILE DELL'AZIONE CATTOLICADON MARCO CONGIU, 27 ANNI DA LANUSEI, COLLABORATORE PARROCCHIALE IN 4 PARROCCHIE

Antonio
: "Torno nella mia comunità con una rinnovata volontà di impegnarmi nel settore della formazione. Da Lanusei, e da tutta la Sardegna, i giovani se ne vanno. Noi voremmo dare loro occasioni per fermarsi, vogliamo fare capire che i problemi si affrontano con tutte le risorse a disposizione. Dobbiamo vivere in maniera piena la fede, partire dal quotidiano per fare piccole cose che incidano nella vita della comunità". Don Marco: "Da noi i giovani fuggono. Uno degli impegni della Chiesa locale è diaccompagnare i giovani ad accettare la loro realtà per provare a viverla e a cambiarla. Il Papa ha detto ai giovani che non devono essere spettatori della loro vita, ma devono viverla da protagonisti. Ecco, questo è ciò che mi piacerebbe trasmettere". CHIARA E MARCO GADOTTI DI TRENTO, 2 FIGLI, IMPEGNATI NELLA PASTORALE FAMILIARE.

"La nostra esperienza è che le famiglie spesso si sentono disastrate ma vogliono reinventarsi, rimettersi in gioco. Con loro, come ha detto Papa Francesco, bisogna porsi in relazione con un atteggiamento di ascolto, senza predicare, né etichettare. L'ottica è proprio quella dell'essere disinteressati: l'obiettivo non è convertirle, ma accoglierle e valorizzarle per quello che sono. Dobbiamo offrire un nuovo volto di Chiesa a coloro che hanno della Chiesa un'idea di istituzione, distante dalla gente. Le persone che accogli disinteressatamente ti lasciano sempre il segno: è la nostra esperienza degli anni trascorsi a gestire una casa di accoglienza per conto della diocesi. Ci piace l'idea che il sentirsi inadeguati spinga a porsi con umiltà in relazione agli altri".
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