mercoledì 4 novembre 2015
A Pianura 50 nuovi responsabili di Uffici diocesani di pastorale giovanile si sono confrontati su uno stile efficace di presenza accanto ai giovani. Un'occasione per uno scambio di storie ed esperienze.
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Giovani e appena nominati: i nuovi direttori degli Uffici di pastorale giovanile di alcune diocesi italiane si sono dati appuntamento nei giorni scorsi a Pianura, quartiere di Napoli, nella diocesi di Pozzuoli, per il XXI incontro nazionale «Con il passo giusto». Già nel titolo che il Servizio nazionale di pastorale giovanile della Cei ha voluto dare a questo momento di incontro è racchiusa un’attenzione formativa che si rivolge ai nuovi incaricati «chiamati» dai loro vescovi. All’edizione di quest’anno hanno partecipato circa 50 tra sacerdoti, religiosi, religiose e laici che, sotto la guida del direttore del servizio nazionale di pastorale giovanile, don Michele Falabretti e di don Gero Manganello, aiutante di studio, si sono confrontati per quattro giorni attorno ai temi che maggiormente oggi sollecitano un’attenzione pastorale nei confronti dei giovani e di come mettere in atto percorsi educativi per coinvolgere l’intera comunità ecclesiale. A fare gli onori di casa Lucio Lemmo, vescovo delegato per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale campana che ha messo in guardia i nuovi incaricati da un pericolo in cui si può incappare nell’iniziare un incarico pastorale e cioè di fare dell’Ufficio un luogo di disquisizioni teoretiche, un ufficio di "ingegneria pastorale", perdendo di vista i giovani e particolarmente i giovani "lontani". «Con il passo giusto», infatti, prova da anni a superare questo dualismo. Lo fa con una proposta che pur non trascurando una formazione dovuta a chi comincia e ha bisogno di conoscere come si organizza un Ufficio diocesano, una consulta, come tessere legami sul territorio, accompagna i partecipanti a fare conoscenza di come la pastorale esca sul territorio. Primo incontro è stato dunque con don Gennaro e don Fabio della diocesi di Pozzuoli che insieme portano avanti il centro Regina Pacis, casa famiglia, luogo di rieducazione di giovani disagiati dove, con l’aiuto di educatori e tantissimi volontari, i minori a rischio e particolarmente ex detenuti del carcere minorile di Nisida sono accompagnati ad un reinserimento nella vita civile. Nel raccontare una realtà complessa e spesso faticosa come quella della zona Puteolana don Gennaro e don Fabio ci hanno dimostrato che è possibile fare del bene, coinvolgere tanta gente, proporre la bellezza come canone educativo. Altra esperienza ha portato i partecipanti a Casal di Principe nella diocesi di Aversa, a partire dalla Messa nella parrocchia di San Nicola dove 20 anni fa veniva ucciso don Peppe Diana. L’attuale parroco, don Franco Picone, ha ricordato come da quel sangue versato è scaturita una vera primavera nella Chiesa locale. Successivamente don Maurizio Patriciello ha condiviso il suo impegno a difesa della gente del territorio in quella che tanti definiscono la guerra alla "munnezza" ma che in realtà è una vera guerra alla camorra per la rinascita del territorio. La giornata è continuata visitando due cooperative che si fanno parte di progetto intitolato le «Terre di don Peppe Diana» che si occupano di integrazioni di giovani a rischio e di ex tossicodipendenti, lo fanno attraverso una casa famiglia, un progetto di radioweb e una fattoria didattica con produzione bio. Grazie al lavoro di tanti queste cooperative provano a ridisegnare il volto di un territorio. Le giornate si sono concluse con una visita a Napoli e davanti a una buona pizza. In questi pochi giorni insieme abbiamo provato a descrivere una esperienza di incontro tra persone che pur provenendo da diverse zone d’Italia sono accumulati da una stessa "chiamata" a seguire Gesù e che condividono la stessa passione per la Chiesa e i giovani. La celebrazione finale che ho presieduto mi ha permesso di ricordare che se si è fuoco è meglio ardere e consumarsi insieme e non come tronchi isolati che fanno solo fumo, poco calore e scarsa luce. Si può decidere anche nel lavoro pastorale di essere meteore che brillano di luce propria, suscitando superficiali emozioni e illusorie promesse, o decidere di far parte di una costellazione dove spesso ci si perde nel panorama generale, ma con la certezza che ogni singola stella rende unica e splendete quella costellazione.* Incaricato di Pastorale giovanile per la Campania 

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