domenica 12 maggio 2024
La Nobel per la Pace: «Ho chiesto al Papa di venire in Ucraina, la sua presenza è più urgente che mai per il nostro Paese»
Oleksandra Matviichuk

Oleksandra Matviichuk - ANSA

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«Ho chiesto al Papa di venire in Ucraina, la sua presenza è più urgente che mai per il nostro Paese». Oleksandra Matviichuk è elegante nel suo abito nero a un tavolino di un albergo romano, dal quale si collega via Zoom con Milano, subito dopo l’incontro dei Nobel in Vaticano. Nel marzo di due anni fa, a nemmeno un mese dall’invasione russa, era apparsa pallida e provata in una stanza mal illuminata di Kiev sotto le bombe. Allora raccontava ad “Avvenire” di come fosse già all’opera con il Centro per le libertà civili di cui è leader per raccogliere prove dei crimini russi. Quell’attività instancabile e meticolosa è valsa il premio per la Pace 2022, che ha potuto ritirare a Oslo nel dicembre di quell’anno. Da quel momento l’avvocata e attivista per i diritti umani alterna la preparazione dei dossier legali, come esperta in diritto internazionale, a viaggi in tanti Paesi per tenere viva l’attenzione sulle sofferenze del suo popolo.

Dottoressa Matviichuk, che cosa ha detto a Papa Francesco?

L’ho invitato a Kiev. Sua Santità sta facendo moltissimo per noi. Ricordare ogni settimana le vicende della guerra, invitare a pregare per la pace e tutte le vittime è di una importanza straordinaria. Non bisogna dimenticare che il suo richiamo arriva a Paesi e popoli che non sono altrimenti ben informati sulla situazione, che magari hanno relazioni amichevoli con la Russia. La sua voce non fa calare il silenzio sull’aggressione che stiamo subendo.

E il Papa che cosa le ha detto? Che cosa può fare la Santa Sede per favorire una soluzione diplomatica?

L’incontro era riservato, non posso dire di più. Tuttavia, la Santa Sede sta agendo sul piano umanitario e il suo ruolo è fondamentale per i bambini rapiti, i civili fatti prigionieri in modo del tutto illegale da parte di Mosca, i prigionieri di guerra da scambiare. L’azione del Vaticano si sta svolgendo principalmente su questi versanti, e la apprezziamo particolarmente.

In due anni quanta documentazione avete accumulato sui crimini commessi dalle forze di occupazione russa?

Abbiamo prove su 76mila episodi, sulla base di un’ampia rete che è stata fin dall’inizio all’opera per tenere testimonianza di quello che è stato perpetrato dai militari di Mosca. Vengono bombardate case di abitazione, infrastrutture civili, persone sono state arrestate, torturate, deportate o uccise. Ventimila bambini ucraini sono stati deportati illegalmente in Russia e, finora, solo 388 sono stati rimpatriati. Stiamo parlando di bambini prelevati dagli orfanotrofi e di bambini i cui genitori sono stati catturati, messi in campi di filtrazione o assassinati dagli occupanti. Questi minori sono stati preparati per l'adozione forzata in famiglie russe, nonostante abbiano parenti in Ucraina.

Qual è la storia che l’ha più colpita tra le tante dolorose?

Ce ne sono centinaia che abbiamo raccolto in un libro appena pubblicato. Mi viene in mente quella di Ilya, 10 anni, di Mariupol, che sotto i bombardamenti si rifugiò in una cantina con sua madre, senza acqua, costretti ad accendere un fuoco per scaldarsi e poi a uscire di nuovo allo scoperto. La mamma venne colpita alla testa. Li lasciarono da soli senza assistenza medica, la donna morì dissanguata accanto al figlio. Ma non è certo l’unica vicenda straziante.

Qual è lo stato d’animo della gente in Ucraina, c’è stanchezza per la guerra?

Non potrebbe non esserci una continua altalena di sentimenti, su e giù, la guerra è la più terribile esperienza che si possa vivere, sovverte tutti i progetti e tutte le abitudini. D’altra parte, siamo ben consapevoli che non possiamo cedere. L’obiettivo della Russia è cancellare l’Ucraina: spazzare via la sua cultura, la sua lingua, le sue istituzioni libere, le sue scuole e i suoi musei. Distruggerli fisicamente e idealmente. Dobbiamo resistere per questo.

Il momento sembra tra i più difficili dal punto di vista bellico…

Non sono un’esperta di cose militari, ma certamente la situazione è delicata. Anche se volessimo mandare più soldati al fronte, non potremmo. Mancano le armi e le munizioni. Abbiamo bisogno di difendere le nostre città dagli attacchi dal cielo. Perciò ogni ritardo negli aiuti da parte dei Paesi occidentali significa più vittime e danni enormi. Non dimentichiamo che la Russia sta mettendo gran parte della sua economia al servizio di questa guerra.

La gente ama il presidente Zelensky e e ha ancora fiducia in lui come all’inizio del conflitto?

Siamo una democrazia. I sondaggi dicono che Zelensky gode ancora del favore popolare. Ma si può criticarlo, contestare qualche sua decisione specifica. Se si terranno le elezioni, per ora rimandate, non so chi verrebbe eletto come capo dello Stato. Viviamo in un Paese libero.

Che cosa possono fare i Paesi vostri amici, al di là di rifornire gli arsenali?

C’è bisogno di isolare Putin. La Russia ha commesso e commette crimini contro l’umanità in tanti Paesi, dalla Cecenia alla Georgia, dalla Siria al Mali. Tutto questo va denunciato. Altrimenti, il Cremlino penserà d potere fare quello che vuole senza problemi. Ci sono ancora molti politici occidentali che vorrebbero tornare a normali relazioni con Mosca, come accadeva prima della guerra. Per fortuna, oggi questo è molto più difficile grazie al mandato di arresto per il presidente russo emesso dalla Corte penale dell’Aja. Non si può stringere la mano a un ricercato per crimini di guerra, che deporta i bambini.

Pensa che l’Italia vi stia sostenendo efficacemente?

Sono, siamo, molto grati al vostro Paese per tutto quello che ha messo in campo. Ma vorrei sottolineare che la minaccia è comune, non riguarda solo l’Ucraina. Se Putin vince questa guerra, alzerà il tiro e mirerà a qualche Paese dell’Unione Europea. Per questo ha senso sostenere la causa ucraina, è una causa comune per tutti coloro che potrebbero finire nel mirino della Russia. Non possiamo perdere questa guerra anche per i democratici in Russia, che dall’indebolimento del regime troveranno occasioni per difendere le libertà e la democrazia a Mosca.

Vedete il vostro futuro come membri dell’Unione Europea?

Assolutamente sì. L’Europa è il nostro approdo naturale.

Qual è una parola di speranza che si sente di pronunciare oggi?

Che c’è spazio per la solidarietà. Possiamo aiutarci l’uno con l’altro e darci coraggio, anche in questo momento buio.

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