Fine vita e Regioni, un cortocircuito istituzionale
martedì 13 febbraio 2024

L’iniziativa emiliano-romagnola, che segue il caso-Veneto e si innesta nel quadro variegato delle iniziative regionali, esprime in modo ancora più chiaro quale cortocircuito istituzionale e politico si stia creando intorno ai temi del fine vita. Quanto accaduto nel Consiglio regionale del Veneto aveva restituito, infatti, una triplice spaccatura politica: dentro la Lega (ala Zaia contro ala Salvini), dentro il centrodestra (conservatori verso liberali) e dentro il Pd (la spaccatura tra cattolici e linea-Schlein è stata mediaticamente la più visibile). Al contempo, si era evidenziata una duplice spaccatura istituzionale: da un lato le Regioni contro il Parlamento sul versante dell’iniziativa legislativa; dall’altro le Regioni contro governo e ministero della Salute circa la possibile difformità delle procedure e delle velocità su una questione sensibilissima e che non può essere “burocratizzata”.

A margine poi del dibattito duro sulla posizione assunta dalla consigliera regionale veneta Anna Maria Bigon a difesa della libertà di coscienza, si è fatta strada, specie nel Pd, l’idea di far agire i governatori tramite delibere di Giunta di natura “organizzativa”, marginalizzando gli iter nei Consigli regionali della legge presentata dall’associazione Coscioni, potenzialmente scivolosa per tutte le parti politiche. Ma anche questa strada, ora, si appresta ad essere contrastata da ricorsi al Tar (nel caso dell’Emilia Romagna se ne farà carico Forza Italia). Insomma: a prescindere da chi governi le Regioni, si pone un argine costruito sia dalla “posizione storica” prevalente nel centrodestra sia da chi nel centrosinistra si appella alla libertà di coscienza, e ciò a prescindere dal fatto che la strada intrapresa sia “legislativa” (modello Zaia) o “amministrativa” (modello Bonaccini).

Il cortocircuito è sin troppo evidente e porta sempre allo stesso punto: la presa in carica da parte del Parlamento della sentenza della Corte costituzionale che, partendo dal favor vitae che permea la Carta, fissa quattro dettagliati paletti per il ricorso alla cosiddetta “morte assistita”. Proprio le contraddizioni interne a ogni singolo partito e alle coalizioni, e il rischio di uno strisciante scontro istituzionale, suggeriscono di evitare forzature e scorciatoie e di tornare alle Camere: diversamente, regneranno il caos, il conflitto e la strumentalizzazione.

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