mercoledì 15 maggio 2024
Negli ultimi 79 anni il luogo di culto era diventato uno dei musei simbolo della città di Istanbul. Critiche dagli Usa
La chiesa bizantina di San Salvatore in Chora

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Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha confermato la conversione in moschea della chiesa bizantina di San Salvatore in Chora, che negli ultimi 79 anni è stata uno dei musei simbolo della città di Istanbul. La conferma da parte di Erdogan è arrivata a margine di una visita in Turchia del premier greco Kyriakos Mitsotakis, che ha colto l'occasione per manifestare il disappunto di Atene per quello che rappresenta un caso molto simile a quanto avvenuto per la conversione di Santa Sofia nel 2020. Oggi come allora, non sono mancate le critiche da parte del Dipartimento di Stato americano. Quattro anni fa la Grecia protestò in maniera eclatante, chiedendo anche all'Unesco di intervenire, ma Erdogan andò avanti deciso. Stavolta i rapporti tra Ankara e Atene sono migliorati e il disappunto di Mitsotakis non ha comunque scalfito la volontà del governo turco. Il sito, riaperto dopo un lungo restauro, è ora ufficialmente la moschea di Kariye, nome acquisito durante gli anni dell'impero ottomano.

Originariamente costruita come chiesa, poi convertita in moschea, in seguito museo e ora di nuovo moschea, ha seguito lo stesso destino della più celebre e grande Santa Sofia. Entrambe costituiscono due delle mete più popolari per i turisti, attratti da mosaici bizantini e affreschi di rara bellezza, ma soprattutto da monumenti che conservano la testimonianza delle diverse fasi che hanno caratterizzato la millenaria storia di quella che era Bisanzio, poi Costantinopoli e oggi è Istanbul. La riapertura ha posto fianco a fianco semplici turisti e visitatori provenienti da Paesi cristiano ortodossi, tutti attratti da mosaici e affreschi lasciati scoperti nelle sale adiacenti l'area che ora è riservata al culto islamico. La navata centrale è ora infatti luogo dove si radunano i musulmani richiamati dal suono del muezzin. Come per Santa Sofia il dibattito è stato aspro e, come detto, ha scomodato, oggi come allora, anche il Dipartimento di Stato americano. Per turisti di fede cristiana, ma anche per diversi Paesi occidentali, vedere una chiesa utilizzata come moschea è una decisione che viene considerata un passo indietro rispetto alla Turchia laica e secolare che 79 anni fa dichiarò questi luoghi museo. Per moltissimi turchi, non solo i sostenitori di Erdogan, la riconversione in moschea rappresenta l'affermazione della sovranità e orgoglio nazionale, la rivendicazione della conquista ottomana. Per gli altri turchi invece si tratta dell'ennesimo schiaffo di Erdogan alle direzioni data al Paese da Mustafa Kemal Ataturk, indimenticato fondatore della Repubblica. Ora la moschea di Kariye, così come Santa Sofia, è un ibrido tra museo e moschea, un luogo dove si incrociano turisti e praticanti musulmani, ma sulla cui presunta sbandierata inclusività pende la linea politica di Erdogan.

Al momento sono solo tre i mosaici che vengono coperti durante le preghiere, mentre le navate laterali, ricchi di affreschi e mosaici, non sembra siano state intaccate dalla conversione e sono visitabili anche da donne senza capo coperto e turisti che non devono lasciare fuori le scarpe. Un passo avanti rispetto a Santa Sofia, dove alcuni mosaici sono coperti o visibili solo parzialmente e il pavimento di marmo rovinato da un tappeto verde. L'origine di questo luogo di culto simbolo di Istanbul risale al quarto secolo. Gli storici sono concordi che San Babila e San Teodoro furono tra i fondatori del monastero o quantomeno vi trascorsero alcuni anni. Il monastero fu severamente danneggiata durante il 'sacco di Istanbul del 1204 per mano dei crociati. La chiesa così come è giunta ai nostri giorni è stata edificata nel 1300 e per secoli ha costituito un rifugio per monaci che tentavano di isolarsi dalla vivacità della vicende politiche e della vita cittadina. Con la conquista ottomana la chiesa di San Salvatore in Chora ebbe la sfortuna di trovarsi a poche centinaia di metri dalla porta di Adrianopoli, il punto in cui le mura bizantine cedettero all'avanzata delle truppe del sultano Fatih. Il risultato fu un nuovo saccheggio, la distruzione di statue e manufatti e la chiusura della struttura per i seguenti 58 anni. Nel 1509 la conversione a moschea, uno status che durerà fino al 1945 anno in cui il governo turco decise la conversione in museo. Appena 5 anni prima lo stesso governo aveva autorizzato l'Istituto Americano di Studi Bizantini a effettuare un restauro che non mancherà di sollevare roventi polemiche per la rimozione di riferimenti all'Islam e versetti del Corano, aggiunti negli anni in cui la struttura aveva servito da moschea. Polemiche trascinatesi fino a oggi, sia per Santa Sofia che per Chora, luoghi simbolo che portano i segni delle vicende che hanno segnato la storia di Bisanzio, Costantinopoli e Istanbul.

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