giovedì 25 aprile 2024
Il sociologo Pietro Boffi rievoca la storia delle "Settimane nazionali di studi sulla spiritualità coniugale e familiare", una svolta fondamentale per la pastorale della famiglia
La "Settimana di spiritualità coniugale e familiare" dell'Ufficio famiglia Cei in corso a Palermo

La "Settimana di spiritualità coniugale e familiare" dell'Ufficio famiglia Cei in corso a Palermo

COMMENTA E CONDIVIDI

Venticinque anni di storia della pastorale familiare in Italia sono passati attraverso un appuntamento particolare, le Settimane di spiritualità coniugale e familiare. Era la primavera del 1997 quando l’allora direttore dell’Ufficio famiglia, don Renzo Bonetti, affiancato dal presidente della commissione episcopale per la famiglia e la vita, il vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi, organizzò la prima edizione a Rocca di Papa, nella grande casa per esercizi spirituali di “Mondo Migliore” affacciata sul lago di Albano, proprio di fronte a Castel Gandolfo. C’erano molte incertezze sulla risposta delle diocesi. Da qualche anno non venivano organizzati convegni nazionali di pastorale familiare e l’idea di ripartire proprio dalla spiritualità non convinceva tutti. Qualcuno pensava che la proposta finisse per essere considerata un po’ estrema. Quasi che coltivare lo spirito fosse attività da lasciare ai consacrati e ai mistici, inadatta alla concretezza laicale delle famiglie. “Invece l’esperimento riuscì e 25 anni dopo siamo ancora qui, lungo il solco tracciato da quei pionieri della pastorale che evidentemente avevano colto nel segno”. Lo racconta il sociologo Pietro Boffi, padre e nonno, membro della Consulta Cei di pastorale familiare e collaboratore del Cisf (Centro internazionale studi famiglia). Boffi non solo ha partecipato a tutte le 25 edizioni, ma con il teologo don Giancarlo Grandis, ha curato per una decina d’anni la preparazione delle schede emerse dai laboratori delle “Settimane”.

Chi lanciò la proposta di organizzare una Settimana di spiritualità per la coppia e per la famiglia?

Tra i promotori, il più convinto era don Gianfranco Fregni, allora direttore dell’Ufficio famiglia di Bologna. Un precursore della pastorale familiare. Era stato tra i fondatori del Centro di documentazione e promozione familiare «G.P. Dore», sempre a Bologna, e aveva fondato la rivista CLeF (Chiesa Locale e Famiglia), oltre ad aver scritto vari volumi e sussidi sulla spiritualità familiare. Don Renzo Bonetti, che da pochi mesi era stato nominato direttore dell’Ufficio nazionale, accolse con entusiasmo la proposta e riuscì a coinvolgere, oltre alle diocesi, tanti movimenti e associazioni familiari. Anche perché tutta la Chiesa lavorava in vista del grande Giubileo dell’Anno Duemila e don Bonetti ebbe la bella idea di proporre una trilogia di riflessione su Padre, Figlio e Spirito Santo in riferimento alla spiritualità coniugale e familiare. Fu un successo. Alla prima edizione del ’97 arrivarono a Rocca di Papa oltre mille persone, tra famiglie con bambini e studiosi.

Quale fu la formula vincente delle “Settimane”?

Quella di mettere a confronto per sette giorni famiglie impegnate nella pastorale familiare ed esperti. Non era soltanto un convegno – e neppure oggi lo è – ma era anche un’occasione per uno scambio culturale e umano che, a partire dalle relazioni, proseguiva poi per tutta la giornata. C’erano teologi, sociologi, psicologi ed altri esperti. E tantissime coppie con figli. I piccoli seguivano percorsi adatti alle diverse età, secondo un progetto organizzato. Non solo animazione ma proposte mirate e intelligenti. Il cosiddetto “Animatema di famiglia”. Anche questo fu un elemento decisivo per incentivare la presenza delle famiglie.


Come è cambiata la partecipazione delle famiglie in questi 25 anni?

Insieme alle varie coppie responsabili a livello regionale e diocesano, c’erano tante coppie provenienti dai movimenti di spiritualità coniugale. Presenze importanti dell’Equipe Notre Dame, di Incontro matrimoniale, del Rinnovamento nello Spirito, dei Focolari, del movimento Pro Familia, dell’Azione cattolica, che aveva allora un vivace settore famiglia, e di tante altre realtà. Con il tempo queste presenze sono un po’ venute meno. Forse perché i movimenti sono un po’ in crisi, forse perché si è deciso di puntare con maggior decisione sulla partecipazione delle famiglie legate alle varie diocesi

Cosa lasciano queste “Settimane” alle famiglie, a livello di crescita culturale e pastorale?

Fanno crescere certamente la consapevolezza sul ruolo della coppia e della famiglia nella Chiesa. E regalano profondi spunti teologici e pastorali. D’altra parte, lasciano anche una certa frustrazione perché si vede come il rinnovamento pastorale di base, parlo delle nostre parrocchie, va raramente di pari passo con gli stimoli che arrivano da questi incontri nazionali. È come se ci fosse uno scollamento tra la teoria teologica e pastorale, sempre molto coinvolgente, e le proposte di base. Credo che il marcato clericalismo e una certa impostazione tutta focalizzata sulla preparazione ai sacramenti abbia finito per rendere difficile l’apertura verso nuovi sbocchi. Qualche parliamo di “ministerialità della coppia” poi è sempre difficile capire come tradurre questo concetto nella pastorale ordinaria delle parrocchie.

Non è che le “Settimane” hanno offerto tanta teologia d’avanguardia e pochi spunti per la prassi pastorale?

Ma no, all’interno dei vari convegni c’è sempre stata la preoccupazione di fornire indicazioni pastorali concrete. Dopo le relazioni non sono mai mancati i gruppi di lavoro. E dai gruppi sono sempre uscite schede pensate proprio per far funzionare meglio la pastorale ordinaria. Un lavoro “pronto all’uso” che, certo, poi dev’essere portato nelle parrocchie e accettato.

In venticinque anni le “Settimane” hanno affrontato tanti temi importanti per la vita di fede delle coppie e delle famiglie. Oggi, parlando di pastorale familiare, qual è l’argomento che andrebbe approfondito con urgenza?

Credo la trasmissione della fede. Anche tra le famiglie “belle e buone” – una battuta, naturalmente, non esiste la famiglia ideale - che si occupano di pastorale familiare e frequentano, per esempio, la “Settimana” Cei e altri appuntamenti nazionali, ci sono molti casi complicati. Figli che non seguono i genitori, che rifiutano l’idea del matrimonio, che preferiscono attese infinite o che scelgono la convivenza. Se questo succede con “famiglie doc” è facile pensare che il problema sia avvertito in modo ancora più palpabile nel resto dei nuclei familiari. E sono questioni che ci interrogano e ci sollecitano a tentare nuovi percorsi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: