martedì 30 aprile 2024
Possiamo migliorare il mondo della comunicazione solo con l’impegno di tutti, compresi utenti meno famelici di presunti scoop e disgrazie altrui
Piero Fassino

Piero Fassino - ANSA

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Gentile Avvenire,

ho notato che sul giornale di venerdì scorso non ci sono articoli sul presunto furto di una boccetta di profumo da parte dell’onorevole Piero Fassino. Mi congratulo perché un giornale serio evita di dare risalto ad episodi che, per quanto se ne sa, pur relativi a personaggi di rilievo politico, appaiono solo uno sfortunato episodio. Può capitare a chi è molto indaffarato o preoccupato di non seguire l’ordine logico dei comportamenti. Disavventure simili sono capitate a volte anche a me quando ero più giovane e avevo molti impegni.

Giuliano Marrocco

Caro Marrocco, al di là della vicenda di Piero Fassino, ancora da chiarire e forse più complessa di quanto appaia, lei tocca un tema molto delicato per noi comunicatori, quello del rilievo da assegnare a vicende minime o strettamente personali di personaggi pubblici. In passato, storie come quella che oggi campeggia sulle prime pagine dei giornali e sui social media sarebbero state silenziate alla fonte. Non le avrebbero divulgate le forze dell’ordine, non le avrebbero scritte i cronisti. Malattie, tendenze sessuali, tradimenti, piccole disavventure giudiziarie o gaffes imbarazzanti: tutto restava, a volte ipocritamente, a mezz’aria, anche quando molto era risaputo e oggetto di diffuso pettegolezzo. Oggi, sebbene la difesa della privacy sia formalmente molto più rigorosa, è invalsa l’idea che i personaggi pubblici non abbiano diritto a nulla di privato. Lo chiede la gente: come una nemesi del successo, o una piccola rivalsa di chi la popolarità non è riuscito a raggiungerla. E i media sono pronti ad assecondare questa voglia di voyeurismo. Non che gli stessi Vip manchino di metterci del loro: se sono pronti a raccontarci ogni loro fatto intimo, difficilmente possono poi pretendere di silenziarne qualcuno. Lo si è visto recentemente nel caso della coppia Fedez-Chiara Ferragni.

Per gli uomini politici, in particolare, si pensa che la trasparenza sia un dovere verso i rappresentati. È giusto parlare delle tracce rimaste sull’abito della stagista Monica Lewinsky dopo gli incontri con Bill Clinton? (Lo ricorderà, caro Marrocco). Certo, ci vogliono equilibrio, misura e rispetto delle parti in causa, oltre che dei lettori. Ma è vero che, se un presidente degli Stati Uniti mente sulla propria vita privata, potrebbe imbrogliare pure sulle questioni pubbliche. E dall’uomo che custodisce la “valigetta nucleare” pretendiamo coerenza e rettitudine. La nostra Costituzione, all’articolo 54, parla di «disciplina ed onore». Non nascondiamoci, tuttavia, che spesso prevale un certo gusto nell’affondare la lama nelle debolezze di coloro che hanno potere o svolgono ruoli di prestigio. Significa farli scendere dal piedistallo, renderli individui imperfetti e prede di mondane tentazioni come tutti noi. Alla fine, molti si dicono, non sono migliori, come pretendevano di essere. Una soddisfazione un po’ meschina, che diventa anche una deriva populista. Non conosco personalmente Piero Fassino.

Fino a ieri avrei detto che era un politico, insieme a numerosi altri, cui avrei affidato il mio portafoglio. Oggi, dopo la lapidazione preventiva che ne è stata fatta, tanti avranno un pregiudizio negativo, duro a morire, verso l’ex segretario dei Ds, ministro della Giustizia e sindaco di Torino. Comunque finisca la storia del presunto furto di un profumo. Ciò dovrebbe indurci a una maggiore cautela nell’immediato e a una responsabilità nell’informare con la stessa evidenza anche su sviluppi futuri, soprattutto se favorevoli all’interessato. “Avvenire”, non da solo, cerca di farlo. Ma possiamo migliorare il mondo della comunicazione solo con l’impegno di tutti, compresi utenti meno famelici di presunti scoop e disgrazie altrui.

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