giovedì 2 maggio 2024
Si attende la risposta di Hamas alla proposta mediata dall'Egitto, ma i segnali sono negativi. La Bbc: possibile crimine di guerra l'uccisione in Cisgiordania a novembre di un bimbo di 8 anni
Bambini dietro una rete di filo spinato lungo il confine egiziano in un campo di sfollati a Rafah

Bambini dietro una rete di filo spinato lungo il confine egiziano in un campo di sfollati a Rafah - Ansa

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Sostanziale stallo nella guerra tra Hamas e Israele nella Striscia di Gaza. Mentre diminuiscono le probabilità di trovare ostaggi ancora in vita (ne sarebbero rimasti una trentina) e continua a crescere, di giorno in giorno, il bilancio dei morti palestinesi. Le trattative per una tregua e il rilascio degli ostaggi non sono sospese, anche se finora né Israele né Hamas hanno approvato la proposta egiziana, scaturita dai colloqui separati al Cairo della scorsa settimana.

Le trattative: attesa la risposta di Hamas al piano egiziano

Sul piano delle trattative, prosegue il rimpallo di proposte tra Hamas e Israele attraverso la mediazione egiziana. Ma non si vede nulla di concreto. L'attesa è per la risposta, che potrebbe essere l'ennesima controproposta, di Hamas all'ennesima offerta (o controproposta) pervenutagli. Lunedì scorso la delegazione di Hamas ha lasciato il Cairo, dove si sono svolti i negoziati, promettendo una risposta scritta.

Stando alla tv israeliana Channel 12, che cita una fonte vicina al leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, quest'ultimo sarebbe riluttante in quanto «la proposta sul tavolo non è egiziana, ma una proposta israeliana sotto mentite spoglie», di fatto «una trappola».

L'offerta prevede tre settimane di tregua con il rilascio di venti ostaggi e un numero imprecisato di detenuti palestinesi, seguite da altre dieci settimane di sospensione dei combattimenti durante le quali verrebbero rilasciati gli ultimi ostaggi in vita (sarebbero in tutto una trentina) e ci si accorderebbe per un cessate il fuoco di un anno.

La riluttanza di Hamas sarebbe dovuta al timore che, una volta riportati a casa gli ostaggi, lo Stato ebraico voglia "finire il lavoro" militare, come continua a sostenere.

Il duello diplomatico tra Blinken e Netanyahu su Rafah

Sul piano diplomatico, il segretario di Stato americano Antony Blinken, da giorni in Medio Oriente (per la settima volta dal 7 ottobre), ieri ha incontrato a Gerusalemme il premier israeliano Benjamin Netanyahu e gli ha ribadito la ferma contrarietà degli Stati Uniti a un'offensiva di terra su Rafah. Nella città, a ridosso del confine egiziano nell'estremo sud della Striscia di Gaza, sono ammassati 1,3 milioni di palestinesi sfollati. Netanyahu, da parte sua, ha ribadito l'intenzione di entrare a Rafah con l'esercito per sgominare gli ultimi battaglioni di Hamas. Oggi è prevista la riunione del Gabinetto di guerra, successivamente allargato al Gabinetto di Sicurezza.

Pizzaballa: non c'è pace senza un percorso di riconciliazione

Il patriarca di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha denunciato che «vi è un grande assente in questa guerra: la parola dei leader religiosi». «Con poche eccezioni - ha detto, parlando alla Pontificia Università Lateranense di Roma -, non si sono sentite in questi mesi da parte della leadership religiosa discorsi, riflessioni, preghiere diverse da qualsiasi altro leader politico o sociale». «Ciascuno si sente tradito dall'altro, non compreso, non difeso, non sostenuto. Questa guerra è uno spartiacque nel dialogo interreligioso, che non potrà essere più come prima, almeno tra cristiani, musulmani ed ebrei». «Il mondo ebraico - ha spiegato - non si sente sostenuto da parte dei cristiani. I cristiani a loro volta, divisi su tutto, si sono distinti se non divisi sul sostegno ad una parte o all'altra, oppure incerti e disorientati. I musulmani si sentono attaccati e ritenuti conniventi con gli eccidi commessi il 7 ottobre. Insomma, dopo anni di dialogo interreligioso, ci siamo ritrovati a non intenderci l'un l'altro».

«Tutti gli accordi di pace in Terra Santa - ha proseguito - sono di fatto falliti perché erano spesso accordi teorici, che presumevano di risolvere anni di tragedie senza tenere in considerazione l'enorme carico di ferite, dolore, rancore, rabbia che ancora covava e che in questi mesi è esploso in maniera estremamente violenta».

«Per guardare al futuro con speranza e in pace - sostiene Pizzaballa - è necessario fare un percorso di purificazione della memoria. Le ferite, se non sono curate, creano un atteggiamento di vittimismo e di rabbia, che rendono difficile, se non impossibile, la riconciliazione. Finché da parte di tutti non vi sarà una purificazione della comune memoria, fino a che non ci sarà un riconoscimento del male reciprocamente commesso e subìto, fino a che non vi sarà una rilettura delle proprie relazioni storiche, le ferite del passato continueranno ad essere un bagaglio da portare sulle proprie spalle e un criterio di lettura delle relazioni reciproche».

Raid su Gaza: almeno 9 morti. Quasi 35mila le vittime

Sul piano militare, si registrano ancora raid e vittime. Almeno 9 civili palestinesi sono stati uccisi stamani da attacchi aerei che avrebbero preso di mira anche tende degli sfollati a est di Rafah. Sei morti si registrano a al-Zahraa a nord del campo di Nuseirat, nella Striscia centrale. Una persona è stata uccisa vicino a Khan Yunis e due nel quartiere di al-Zaytoun a sud di Gaza City. Ci sarebbero dispersi sotto le macerie.

Il bilancio complessivo delle vittime sarebbe salito a 34.596, i feriti sarebbero 77.816.

Per la prima volta, 30 camion entrati dal valico di Erez

Sul piano umanitario, per la prima volta dal 7 ottobre Israele ha riaperto il valico di Erez, all'estremità settentrionale della Striscia: sono passati una trentina di camion che trasportavano cibo e forniture mediche dalla Giordania, in seguito alle richieste degli Stati Uniti di far entrare più aiuti. La riapertura del valico di Erez era da mesi una delle principali richieste delle agenzie umanitarie internazionali. Il checkpoint è stato in gran parte distrutto da Hamas durante l'attacco del 7 ottobre.

La Bbc: possibile crimine di guerra l'uccisione di un bimbo in Cisgiordania

C'è un sospetto crimine di guerra dietro l'uccisione da parte dell'esercito, il 29 novembre scorso in Cisgiordania, di un bambino palestinese di 8 anni di nome Adam. Ad affermarlo è Ben Saul, rapporteur dell'Onu per i diritti umani e l'antiterrorismo, sulla base di un'inchiesta indipendente condotta dalla Bbc. Lo riferisce l'emittente britannica, dopo verifiche approfondite sull'accaduto e l'esame di video ripresi da telecamere a circuito chiuso. Episodio nel quale si vedono soldati israeliani aprire il fuoco su Adam e su un ragazzo di 15 anni, Basil, scesi in strada lungo una via dove erano soliti giocare, ferendoli a morte.

Secondo Saul, le immagini appaiono certificare un'evidente violazione del diritto internazionale in materia di crimini di guerra almeno per l'uccisione di Adam. Un esperto sentito dalla Bbc, il giurista Lawrence Hill-Cawthorne, evoca indizi di un uso della forza «indiscriminato» da parte dei militari.

Un portavoce dell'esercito ha replicato che le circostanze sono tuttora «sotto investigazione» interna, aggiungendo che le regole d'ingaggio prevedono l'uso di armi da fuoco «solo per rimuovere minacce immediate, o in caso di arresti dopo che ogni altra opzione sia stata esaurita».

Proteste per gli ostaggi a Tel Aviv

Nuove proteste si sono registrate a Tel Aviv. Manifestanti hanno bloccato la Ayalon Highway, tornando a chiedere un accordo che porti alla liberazione degli ostaggi. «O Rafah o gli ostaggi, scegliete la vita», è lo slogan esposto su un grande striscione dai manifestanti che bloccano la strada, già teatro di simili iniziative nelle scorse settimane.

Sgomberi e arresti nelle università Usa

Proteste anche nelle università statunitensi. Le forze dell'ordine hanno proseguito gli sgomberi e gli arresti di studenti coinvolti nelle proteste contro la guerra a Gaza che stanno travolgendo da settimane circa trenta università americane. La polizia ha smantellato accampamenti allestiti dai dimostranti nell'Università del Texas e nella Fordham University di New York, arrestando decine di persone, mentre rimane tesa la situazione alla Columbia University di New York.

Stamani la polizia, in tenuta antisommossa, ha rimosso cancelli e assi di legno eretti a barricate davanti all'Università della California a Los Angeles (Ucla). Arrestati diversi manifestanti. Nella notte contromanifestanti avevano assaltato una tendopoli, usando anche spray urticanti.

Mercoledì pomeriggio al Massachusetts Institute of Technology (Mit) alcuni studenti hanno bloccato un viale vicino al centro del campus di Cambridge. Arresti anche all'Università del Wisconsin, a Madison, mentre all'Università dell'Arizona la polizia ha comunicato di aver posto fine a un «assembramento illegale» con «munizioni chimiche irritanti».

Herzog: drammatico ritorno all'antisemitismo

Il presidente israeliano Isaac Herzog ha diffuso un «messaggio speciale urgente» a sostegno delle Comunità ebraiche del mondo alla luce del «drammatico ritorno dell'antisemitismo» e a seguito delle «ostilità e intimidazioni contro gli studenti ebrei nelle università, in particolare negli Usa». «Il popolo d'Israele - ha detto Herzog - è con voi. Vi sentiamo, vediamo le ostilità e le minacce spudorate, gli insulti, la rottura della fiducia. Sentiamo l'insulto, la rottura, dell'amicizia. Condividiamo apprensione e preoccupazione».

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