lunedì 29 aprile 2024
Si tratta a Doha a partire dal rilascio di 33 rapiti. Ma il premier Netanyahu continua a definire imminente l'invasione di Rafah. 25 morti negli ultimi raid israeliani sulla Striscia di Gaza
Un campo di rifugiati palestinesi a Rafah

Un campo di rifugiati palestinesi a Rafah - Ansa

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Poche ore alla fine della settimana di Pesach. Forse le ultime per fermare la “manovra militare” di Israele su Rafah. La proposta di Israele, fa sapere Izzat al-Risheq – membro del Politburo del “Movimento islamico di resistenza” – «è ancora in fase di studio». Una delegazione di “politici” guidata da Jalil Hayya – il vice di Yahya Sinwar – è partita da Doha per il Cairo: in agenda «colloqui a largo raggio» con i mediatori egiziani. Un vero “pressing” diplomatico che coincide con l’arrivo in Arabia Saudita del segretario di Stato Usa, Antony Blinken per il World Economic Forum straordinario.

Tornando al Cairo, sul piatto sempre l’estenuante trattativa per il rilascio degli ostaggi israeliani detenuti dal 7 ottobre. L’ultima mediazione – filtra dall’intelligence del Cairo – dopo che venerdì una delegazione egiziana ha avuto colloqui «ampiamente positivi e riusciti» con Israele. Nessun dettaglio sui contenuti della proposta che supererebbe «gli ostacoli» che sinora hanno impedito la tregua. Si tratta in Egitto, mentre l’appello di Blinken da Riad, se non è un ultimatum formale, ha certo il tono di una “ultima chiamata”: «Hamas ha davanti a sé una proposta straordinariamente generosa da parte di Israele». Hamas è «l'unica cosa che si frappone tra il popolo di Gaza e un cessate il fuoco». «Devono decidere e devono decidere in fretta», incalza il segretario di Stato Usa: serve una «decisione giusta» che porti a un «cambiamento fondamentale» nelle trattative. Un no alla tregua – ha poi avvertito Blinken nel faccia a faccia con il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan sempre a margine del World Economic Forum – renderebbe Hamas «responsabile della continuazione del conflitto a Gaza».

Una vera “girandola” di trattative pure a Riad, che ha impegnato questa sera anche il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani: il negoziato «potrebbe essere a un punto di svolta», ha affermato. Pesante è stato l’“endorsement” del ministro degli Esteri britannico David Cameron al piano diplomatico Usa: una proposta «molto generosa» quella fatta a Hamas che prevederebbe, secondo il ministro britannico, 40 giorni di cessate il fuoco, il rilascio di migliaia di detenuti palestinesi, in cambio della liberazione degli ostaggi. «Spero che Hamas accetti questo accordo» mentre «tutti gli occhi del mondo dovrebbero essere puntati su di loro» perché dicano sì. Un’occasione, il vertice a Riad, per definire i dettagli del patto di sicurezza tra Stati Uniti ed Arabia Saudita, indicato negli Accordi di Abramo: una intesa a cui sono «molto, molto vicini» ha affermato il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan al-Saud. Le pressioni su Hamas non equivalgono, però, in caso di rifiuto a un via libera all’attacco su Rafah, la città al confine meridionale della Striscia di Gaza. Intervenendo sempre al World Economic Forum straordinario di Riad, il premier egiziano Mustafa Madbouly ha affermato che «si deve fare del nostro meglio» per evitare l’attacco a Rafah che «causerà disastri e sfollamenti di palestinesi».

Per il premier giordano Bashar al-Hasawneh un’operazione a Rafah «sarebbe un disastro». La preoccupazione di evitatre una nuova escalation condivisa pure dal presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi: «Se non c’è il cessate il fuoco e l’appello non viene raccolto, è motivo di ulteriore sofferenza e il fuoco produce altro fuoco», ha dichiarato l’arcivescovo di Bologna.
Materia che va ad infittire la già complicata agenda di Blinken, atteso oggi in Israele per “chiudere il cerchio”, mentre il lavorio febbrile delle diplomazie non ferma la scia di sangue e morte nella Striscia: almeno 25 i morti a Rafah, fra cui almeno tre donne, a causa dei raid aerei israeliani. Secondo la Sanità di Hamas le vittime dono 34.488. Combattimenti che aggravano di giorno in giorno l’emergenza umanitaria. A due imbarcazioni della Freedom Flotilla, la missione di navi con aiuti umanitari pronta a salpare, è stato negato il permesso a salpare. Intanto la World Central Kitchen – che il 2 aprile perse 7 operatori umanitari – ha annunciato la ripresa delle attività. La tregua, però, resta ancora un miraggio.

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