domenica 28 aprile 2024
In sei mesi le quotazioni della varietà Robusta sono raddoppiate. Per quella Arabica +55%. Pesano la contrazione dell’offerta del Vietnam, le condizioni meteo in Brasile e il rafforzamento del dollaro
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Non solo il cacao. I rincari delle materie prime toccano ora il re per eccellenza dei bar italiani: il caffè. Una tendenza al rialzo che ha portato ormai il prezzo medio della tazzina al bar ad 1,20 euro, secondo gli ultimi dati del Mimit rielaborati da Assoutenti. E se è vero che non mancano città e caffetterie in cui si tocca ormai anche quota 1,40 euro, sotto l’euro a tazzina restano ormai poche realtà. Come Catanzaro, dove un caffè costa ancora poco meno di 1 euro, 0,99 centesimi per l’esattezza. Ma è l’eccezione, non la regola.

Quella che gli addetti del settore definiscono ormai come la “tempesta perfetta” è già realtà. Da un lato le avverse condizioni meteo in grandi Paesi produttori, come il Brasile, dall’altro il cambio euro-dollaro, l’aumento dei costi di trasporto e quelli della materia prima: i rincari, secondo i torrefattori, sono soltanto all’inizio e non è detto che la strada verso i 2 euro a tazzina di caffè sia poi così lontana. Secondo Altoga, l'associazione nazionale torrefattori, importatori di caffè e grossisti alimentari aderente a Federgrossisti-Confcommercio, negli ultimi 6 mesi le quotazioni di borsa del caffè Robusta sono praticamente raddoppiate: hanno registrato un rialzo di oltre il 90% (da 2.200 a 4.195 dollari la tonnellata), e quelle della varietà Arabica del 55%. Ma perché questa impennata? Ad incidere una forte contrazione dell'offerta da parte del Vietnam, le avverse condizioni metereologiche in Brasile, lo sfavorevole tasso di cambio per il rafforzamento del dollaro sull’euro, che ha inciso sul costo del caffè fino a un +4% negli ultimi mesi, ed infine la necessità di evitare il passaggio nel Mar Rosso a causa dei raid dei miliziani Houthi, con conseguente aumento di tempi e costi di percorrenza. Fattori che, complessivamente, incidono sui costi di importazione del caffè fino al 50% in più rispetto a 6 mesi fa.

Oggi il prezzo medio registrato ufficialmente dal ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) di una tazzina consumata al bar si attesta a 1,18 euro nelle principali città italiane. Solo 3 anni fa, nel 2021, il costo medio dell’espresso era di 1,03 euro: questo significa che gli italiani hanno già subito un aumento del 14,9%. Tra le principali città, Bolzano è quella che detiene il primato del caro-caffè al bar, con un prezzo medio di 1,38 euro a tazzina, seguita da Trento (1,31 euro). Tra le più economiche, oltre a Catanzaro, c’è Napoli (1,05 euro). Se però si confrontano i listini odierni con quelli in vigore nel 2021, sottolinea Assoutenti, si scopre che la provincia che ha subito i rincari maggiori è Pescara, con il prezzo medio che sale da 1 euro a 1,28 euro e un aumento del +28%, seguita da Bari col +24,4%. «Temiamo che i rialzi delle quotazioni del caffè possano portare nelle prossime settimane a incrementi dei prezzi sia per le consumazioni al bar (caffè, cappuccino, ecc.) sia per il caffè in polvere venduto nei supermercati - spiega il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso -. Anche pochi centesimi di aumento determinerebbero una stangata sulle tasche dei consumatori, considerato che in Italia vengono serviti nei locali pubblici circa 6 miliardi di caffè all’anno per un giro d’affari dell’espresso pari a circa 7 miliardi di euro annui».

Gli esercenti, però, provano ad allontanare lo spettro dei rincari. «I costi di acquisto della materia prima caffè sono aumentati, e non solo quelli, ma la maggior parte degli imprenditori li sta assorbendo senza scaricarli sui clienti», è la posizione di Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet Confesercenti. «In sostanza – almeno secondo Banchieri - il caro-tazzina ancora non c'è: e se è vero che nei centri storici delle località turistiche un espresso al banco può arrivare a costare in alcuni casi 1,5 euro, nella maggior parte dei bar si trova ancora tra 1 e 1,2 euro, lo stesso prezzo del 2020. E questo nonostante i costi per gli esercenti siano aumentati in questi quattro anni anche del 20%, tra materia prima, lavoro ed energia». Secondo gli esercenti, insomma, non ci dovrebbe essere spazio per gli allarmismi, anche se il rischio di incrementi del prezzo di vendita «diventerebbe concreto», sottolineano, «se sulla scia delle tensioni internazionali i costi della materia prima dovessero aumentare ancora».

Per Ben Laidler, global markets strategist di eToro, quello del caffè «è solo l’ultimo caso di impennata nei prezzi di prodotti agricoli determinata dalle dinamiche di offerta, dopo quella relativa al succo d’arancia nel 2023 e al cacao nei primi mesi di quest’anno. L’agricoltura è diventata così il comparto delle commodity che ha registrato le migliori performance nel 2024, con un aumento del 27%, rispetto al modesto 4% delle materie prime in generale». Quello che per gli analisti (e per gli azionisti) è “performance”, però, per il consumatore si traduce in un nuovo “rincaro”. Ed è difficile che le due visioni possano mai trovarsi d’accordo. Nemmeno davanti a una tazzina di caffè.

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