mercoledì 15 maggio 2024
Oggi a Bologna dialogo tra Zuppi, Prodi e il direttore scientifico dell’ASviS dal titolo “Etica e sviluppo sostenibile” «La sfida non è solo energetica, ma anche digitale e sociale»
Giovannini: «Un maxi progetto europeo che acceleri la transizione trasformativa»

ANSA

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Una simulazione di quattro scenari alternativi per il futuro dell’Italia al 2030 e al 2050 di cui solo uno positivo. L’ipotesi auspicabile è quella della Net Zero Transformation, ovvero un’accelerazione della transizione energetica unita a un forte stimolo dell’innovazione a tutto campo, in grado di generare uno sviluppo sostenibile, una crescita dell’occupazione e un aumento del Pil (+2,2% nel 2050) con una contemporanea riduzione del debito pubblico. Negli altri tre casi – quello del “business as usual”, l’opzione della transizione tardiva o, peggio ancora, di fronte a un’inazione – l’effetto varia da negativo al catastrofico. Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, parte dai risultati emersi dal “Rapporto di Primavera” sviluppato con Oxford Economics e presentato la scorsa settimana a Ivrea in apertura del Festival dello Sviluppo sostenibile per sottolineare l’importanza di realizzare "una transizione veramente trasformativa del funzionamento dell’economia per fare un salto di qualità dell’innovazione a tutto campo, senza ulteriori rinvii". Una questione cruciale e urgente che verrà analizzata anche oggi pomeriggio, dalle 17 alle 18:30, al MAST Auditorium di Bologna in un dialogo dal titolo “Etica e sviluppo sostenibile” tra Giovannini, il cardinale e presidente della Cei Matteo Zuppi e l’ex presidente del Consiglio e della Commissione Europea Romano Prodi.


Professore, l’incontro di oggi sarà l’occasione per parlare delle grandi sfide del nostro tempo: il contrasto alle diseguaglianze, la lotta alla povertà, la pace. Quali sono le azioni da mettere in campo sul piano nazionale ed europeo?

Questo dialogo si propone di approfondire le implicazioni della fraternità da perseguire come metodo e come obiettivo per la costruzione di società pacifiche e inclusive orientate allo sviluppo sostenibile, in coerenza con l’Agenda 2030 dell’ONU. Senza una forte etica lo sviluppo sostenibile non si può realizzare, con buona pace per il futuro del Pianeta, della società e delle future generazioni. I dati sono ormai inequivocabili: chi vuole rinviare la transizione in nome dei costi da subire nei prossimi anni per realizzarla successivamente di fatto scarica sui poveri di oggi e sulle generazioni di domani il prezzo da pagare in termini di vite e di danni economici.

Le encicliche del Papa e in generale l’apporto della Chiesa hanno contribuito ad aumentare l’attenzione sui temi ambientali e sociali?

Sono stati fondamentali per sensibilizzare i cittadini su questioni vitali, tutte interconnesse, come il degrado ambientale e la crisi climatica, l’aumento delle diseguaglianze e della povertà, i milioni di morti per inquinamento e malattie. Ricordo che l’enciclica Laudato si’ ha influenzato la definizione dell’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile e degli Accordi di Parigi, facendo scattare una pressione affinché firmassero anche i Paesi più riottosi. Passando dal macro al micro, dalla scelta di mettere al centro della Settimana dei cattolici di Taranto del 2021 i temi dell’ambiente e del futuro del Pianeta sono scaturite azioni importanti come quella che sta vedendo la nascita di Comunità energetiche rinnovabili in tante parrocchie. Ma credo che si dovrebbe e si possa fare molto di più, e che vada fatto molto rapidamente.

Quando parla della scelta di accelerare, rinviare o ignorare la transizione chiama in causa soprattutto i decisori politici?

La responsabilità è anzitutto della politica, ma non solo. La sfida della transizione non è solo energetica, ma anche digitale e sociale. Ho chiuso il mio intervento in apertura del Festival con una citazione di Adriano Olivetti: “Spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande”. Il prossimo presidente della Commissione Europea si chiederà quali sono i problemi prioritari del vecchio continente oggi. E tra i dati che verranno posti alla sua attenzione c’è anche quello che in Europa ci sono 300.000 morti premature ogni anno per malattie legate all’inquinamento, di cui 52.000 in Italia. Dunque, affrontare questo problema è una questione “ideologica” o di cura delle persone? La Commissione von der Leyen ha preso seriamente questa questione cinque anni fa, varando il Green Deal e non solo. E ora c’è chi vuole rallentare o smantellarlo, in nome dei propri interessi, legittimi ma contrastanti con quelli collettivi. Ecco perché la politica (ma anche le imprese e gli altri portatori d’interesse) deve ragionare di sviluppo sostenibile, tenendo conto che le imprese che hanno preso seriamente la transizione digitale ed ecologica ottengono ottimi risultati economici e occupazionali, anche in Italia.

Tra tre settimane si terrano le elezioni europee, un voto che determinerà le scelte politiche comunitarie dei prossimi 5 anni. Qual è il suo auspicio in vista della prossima legislatura?

Le elezioni europee devono essere l’occasione per rafforzare le politiche comuni a favore dello sviluppo sostenibile e operare quelle riforme istituzionali che rendano l’Unione europea un soggetto più forte e coeso, in grado di affrontare le crisi attuali e quelle future. Il nuovo Patto di Stabilità e crescita dell'Unione Europea offre alcune opportunità per fare investimenti in direzione della sostenibilità, perché ad esempio riconosce tre anni in più a un Paese che deve rientrare da un debito eccessivo a patto che investa in transizione ecologica, digitale, formazione e resilienza del sistema economico e sociale.

Una proposta concreta che si potrebbe realizzare?

Scegliere di proseguire lungo la strada del Next Generation EU per realizzare lo scenario Net Zero Transformation di cui abbiamo parlato. Se pensiamo che siano sufficienti i fondi nazionali, vuol dire che non vogliano andare lontano. Come hanno detto anche Mario Draghi ed Enrico Letta, abbiamo bisogno di un grande progetto trasformativo europeo e di politiche economiche e industriali comuni che consentano di andare nella direzione della direzione dell’Agenda 2030, creando benessere economico e riducendo le disuguaglianze nel rispetto dell’ambiente.

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