venerdì 16 maggio 2014
​Potestano 120 genitori dei ragazzi di terza media "costretti" a vedere il film su un padre che lascia la famiglia per un compagno.
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Gli esperti dell’azienda socio-sanitaria di Treviso l’hanno chiamata "educazione sentimentale". In realtà è un tipo di "educazione sessuale" che i genitori dei ragazzi di terza media del Quinto circolo didattico di Treviso non avrebbero desiderato per i propri figli. Numerosi ragazzi sono tornati a casa con senso di disagio, dopo aver visto un film che ha come protagonista un padre di due figli che lascia la famiglia per mettersi con un compagno. Centoventi genitori hanno allora preso carta e penna ed hanno scritto, protestando, al preside. Il quale li ha rimandati alla direzione dell’Ulss 9 che aveva organizzato la proiezione del filmato in un auditorium, presenti quattro classi, per poi lasciare gli studenti in libertà a discutere. «Sono iniziative che di fatto equiparano i vari tipi di famiglia, senza alcuna distinzione – spiega Andrea Moro, uno dei genitori –. Noi non siamo contrari alla riflessione e al dibattito, vorremmo però che i nostri figli fossero accompagnati al discernimento e che si dicesse loro, ad esempio, che la Costituzione prevede la famiglia fondata sul matrimonio. E che, pur ammettendo la comprensione per altre forme di affettività, una coppia gay non può essere considerata famiglia». Invece? Così a Treviso non è accaduto. Dopo la proiezione i ragazzi hanno avuto un quarto d’ora di tempo per scambiarsi qualche reazione ma non c’era nessuno che, raccolte le considerazione, tirasse una sintesi. «Noi genitori non siamo stati informati dei contenuti dell’iniziativa, a quanto pare neppure il preside. E il film proiettato ha dei passaggi anche molto problematici». Non solo l’abbandono della famiglia da parte di un padre per la convivenza gay, con il turbamento che ne deriva ai figli, «ma anche – riprende il genitore – scene di masturbazione dei giovanissimi, seppur nel contesto di quella che probabilmente vorrebbe essere un’informazione sessuale». I genitori hanno chiamato in causa anche l’amministrazione comunale di Treviso ritenendola responsabile diretta dell’iniziativa, poiché il Comune aderisce alla Rete Ready (Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere), e lamentando che sia mancata quanto meno un’azione di filtro. Il sindaco Giovanni Manildo si è detto disponibile ad incontrare tutte le componenti della scuola (si badi, è la stessa dov’è stato il premier Renzi). «In quanto al ruolo di filtro che secondo i genitori il Comune dovrebbe svolgere – obietta l’assessore Anna Caterina – crediamo che la competenza rispetto a una materia così complessa spetti agli esperti quindi a docenti e operatori sanitari nel rispetto della carta dei Diritti del Fanciullo». No, spetta anche a noi; quanto meno ne vorremmo essere preventivamente informati, replicano i genitori, perché al limite potremmo tenerci a casa i figli in quell’ora che potrebbe risultare di turbamento. Oltre alla raccolta di firme, le famiglie hanno consegnato al Dirigente scolastico uno scritto, «sperando di non gravare con l’ennesimo problema ma volendo esprimere la nostra stima e la conferma che noi genitori, padri e madri, ci siamo e non ci tiriamo indietro di fronte alla sfida educativa che ci attende e dalla quale non sottraiamo alcuna responsabilità nei confronti di ogni proposta scolastica futura inerente». Ma di questa eventuale proposta, aggiungono, «consideriamo, appunto, fondamentale ogni informazione preventiva e sempre la possibilità di autorizzarne o meno, da parte nostra, la partecipazione dei bambini o ragazzi».
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