giovedì 10 maggio 2018
Ieri Alfie Evans avrebbe compiuto due anni. Non è finita la sua battaglia per la vita, perché casi come il suo non si verifichino più
Omaggi alla memoria del piccolo Alfie Evans davanti all'ospedale di Liverpool dov'è morto

Omaggi alla memoria del piccolo Alfie Evans davanti all'ospedale di Liverpool dov'è morto

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Alfie Evans ieri avrebbe compiuto due anni. Ma adesso che non c’è più non significa che la sua battaglia per la vita sia finita. Ieri pomeriggio parenti e tante famiglie si sono radunati nel parco dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool dove il piccolo è morto il 28 aprile e, sotto la pioggia battente, hanno inondato di fiori, peluche, palloncini e messaggi la zona dove i dirigenti dell’ospedale hanno spostato il 'memoriale' del piccolo Alfie. Ieri sera alle 21 in piazza Duomo è stato recitato un rosario perché «la buona battaglia non è finita, perché Alfie è nato oggi e non muore mai più». Sabato alle 15 è stata organizzata una manifestazione per Alfie in piazza della Bocca della Verità a Roma da Steadfast Onlus, che invita tutti a partecipare. L’associazione di promozione internazionale dei diritti umani, che ha seguito e sostenuto la famiglia Evans fornendo consulenza medica, giuridica e appoggio diplomatico nella vana lotta per far venire in Italia il piccolo Alfie, si prefigge tramite questa manifestazione, come dice il suo presidente Emmanuele Di Leo, «di chiedere al nostro Paese e all’Europa un impegno chiaro affinché casi come quelli di Charlie Gard, Isaiah Haastrup e Alfie Evans non succedano mai più». Infatti il titolo della manifestazione è «Mai più un altro Charlie, Isaiah e Alfie!», dal nome dei tre bambini morti negli ultimi mesi in Gran Bretagna dopo che gli è stata staccata la spina dai medici.

«Abbiamo indetto questa grande manifestazione – prosegue il presidente – per fare richiesta alle istituzioni perché intervengano nella grave emergenza che c’è nel Nord Europa: famiglie sole e che non sanno come combattere una cultura sempre più pro choice piuttosto che pro life ». L’idea è quella di influire su una cultura che oggi punta sulla qualità della vita invece che sul suo valore, con l’obiettivo di «proporre una pressione nei confronti della politica per far sì che il legislatore riveda le leggi con una maggiore tutela delle famiglie e della patria potestà – aggiunge Di Leo –. Inoltre va creata una rete di organizzazioni di professionisti con competenze utili per intervenire in maniera metodologicamente corretta. La sfida è non solo gestire un’emergenza ma creare un piano per invertire una cultura».

Molte le adesioni anche a livello internazionale – come Rede Nacional em defesa da vida (Brasile), Human life international Italia, fondazione Jerome Lejeune (Francia) – e nazionale, dal Centro Studi Rosario Livatino al comitato Difendiamo i nostri figli, l’Associazione nazionale famiglie numerose, i Genitori Val di Sieve, il Comitato Articolo 26, Alleanza Cattolica, Pro Vita Onlus, Mitocon, Generazione Famiglia Italia e Citizens Go Italia. Presenti anche Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e l’eurodeputata Elisabetta Gardini (Forza Italia).

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