venerdì 9 agosto 2013
​Un liberismo di fatto governa il fenomeno delle maternità in conto terzi nel Paese dov’è in vertiginoso aumento, e nel quale la richiesta fa i conti con una regolamentazione incoerente, specchio del business.
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​Era il 1986 quando Melissa, una neonata del New Jersey, passò i primi mesi della sua vita cambiando genitori tre volte. La donna che l’aveva partorita per conto di una coppia di medici, dietro il pagamento di 10mila dollari, aveva deciso di tenersela. Dopo qualche settimana, la polizia gliela tolse per riportarla ai genitori "intenzionali" (anche se la madre surrogata aveva fornito l’ovulo). Alla fine di un angoscioso processo e dei successivi appelli, Melissa si trovò divisa fra i tre, con due mamme e un papà. Sono passati 27 anni dall’eclatante caso di Baby M, e i numeri della maternità surrogata negli Stati Uniti sono aumentati esponenzialmente. Il Council of Responsible Genetics (un centro non profit, non confessionale e apolitico di studi etici sulla biotecnologia) parla di 738 bambini nati da uteri in affitto nel 2004, di 1.400 nel 2008 e stima un ulteriore raddoppio a circa 3mila lo scorso anno, anche se ammette che dati ufficiali sulle gravidanze surrogate «non esistono» e che le informazioni al riguardo sono «molto limitate». Per ottenere cifre più esatte, l’American Society of Reproductive Medicine chiede la collaborazione di avvocati specializzati in diritto di famiglia. Uno di loro, Andrew Vorzimer di Los Angeles, ha stilato 400 contratti di maternità in affitto nel solo 2011...Eppure gli Usa hanno ancora ben poche leggi – a livello federale e di singoli Stati – che regolino questo crescente mercato. Un fatto insolito in un Paese legalista come gli Stati Uniti, che rivela la reticenza dei legislatori americani nel pronunciarsi su un tema politicamente delicato e dai risvolti etici complessi. Il governo di Washington si occupa di gravidanza surrogata solo come problema migratorio. Un paragrafo sul sito del Dipartimento di Stato avverte i potenziali genitori di bambini nati all’estero da madri surrogate che «solo un esame del Dna che prova il legame biologico di almeno un genitore di nazionalità statunitense con il bambino può consentire la trasmissione della cittadinanza al neonato» e che ogni richiesta verrà «considerata caso per caso» prima di permettere al bambino l’ingresso negli Stati Uniti. Ma il Dipartimento precisa che la concessione della cittadinanza non equivale al «riconoscimento dei diritti legali di paternità». Questo tema, il più spinoso, è lasciato alle amministrazioni locali. E qui vige un puzzle di ordinamenti diversi misto al nulla. La maggior parte degli Stati americani non ha leggi che menzionino la gravidanza surrogata. In alcuni fanno testo i precedenti giuridici. Gli Stati che ammettono in vario modo l’affitto di uteri per denaro sono Florida, Nevada, New Hampshire, Tennessee e Texas, che però precisano che i firmatari dei contratti devono essere coppie sposate. California, Arkansas e Maryland sono più vaghi. Da un lato dello spettro c’è l’Arkansas, stato tradizionale e religioso del Sud, dove gli accordi di maternità surrogata sono legali e prevedono il riconoscimento dei diritti di paternità ai genitori "intenzionali", anche se non hanno alcun legame biologico con il bambino. Quindi in teoria una donna può essere la madre legale di un bambino fatto concepire con gameti donati o acquistati da banche del seme e degli ovuli, usando l’utero di una terza donna. Non è chiaro se questi diritti possono essere estesi anche alle coppie gay, dopo che un referendum statale del 2008 ha reso illegale per coppie dello stesso sesso adottare o ottenere bambini in affido. Un dubbio che non esiste in California, dove si estende la legalità di contratti di maternità surrogata ad «adulti coabitanti dello stesso sesso». Dall’altro lato c’è invece il Michigan, dove richiedere o concedere la maternità surrogata è un crimine punibile con cinque anni di carcere. Non lontano c’è, sorprendentemente, il progressista Stato di New York, dove l’affitto di uteri è civilmente punibile con multe severe e dove nemmeno la maternità surrogata cosiddetta "altruistica", senza compenso pecuniario, pur non illegale, è ammessa: la madre legale resta quella che partorisce. Questo mosaico giuridico, combinato a un generale clima da libero mercato, ha permesso la nascita di centinaia di agenzie che vendono la promessa di un bambino senza difetti a coppie sterili grazie alle loro «sane, giovani, responsabili» madri in affitto. Le agenzie reclutano le donne in Stati favorevoli alla transazione, preparano contratti che acconsentono a ogni desiderio dei «genitori intenzionali»: quanto e cosa può mangiare la donna gravida, se può avere rapporti sessuali, e in quali condizioni deve abortire. «È un grande business – spiega Vozimer, l’avvocato di Los Angeles – dove i genitori cercano di risparmiare qualche migliaio di dollari usando agenzie senza scrupoli o facendo tutto da soli, con un annuncio su Internet. Non si rendono conto delle possibili complicazioni legali e della complessità psicologica e pratica della materia». E c’è da chiedersi se le madri "in affitto" si accorgono che, anche nei ricchi Stati Uniti, in nove mesi di gravidanza guadagnano meno di 50 centesimi all’ora.
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