domenica 28 novembre 2010
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Caro direttore,ieri il Consiglio dei ministri ha istituito la Giornata nazionale degli stati vegetativi, scegliendo la data del 9 febbraio. Per chi non lo ricordasse, è il giorno in cui è morta Eluana Englaro, il giorno in cui, due anni fa, il Senato era riunito per cercare di varare, in lotta col tempo, una legge che la salvasse. Il testo della proposta in discussione era brevissimo: affermava semplicemente che acqua e cibo, in qualunque modo siano somministrate, rappresentano un sostegno vitale che deve essere assicurato a ogni essere umano, sempre e comunque.La proposta di utilizzare proprio quel giorno è stata avanzata dalle associazioni dei familiari dei malati (Vive, Federazione nazionale trauma cranico, la Rete), le stesse con cui il ministero della Salute ha lavorato per pubblicare il Libro bianco sugli stati vegetativi. Le stesse che Fazio e Saviano hanno rifiutato di ospitare in tv, per raccontare le storie personali, le difficoltà, l’amore, la felicità e la sofferenza di chi vive accanto a disabili gravissimi. Non si tratta di associazioni cattoliche, e nemmeno di movimenti pro-life, come i conduttori e gli autori di "Vieni via con me" si ostinano a sostenere. Sono associazioni di persone che, aldilà delle differenti opinioni politiche, hanno in comune un’esperienza esistenziale. Grazie a questa esperienza, hanno maturato consapevolezze che vorrebbero comunicare agli altri; difficilmente però riescono a farlo, in un mondo che accetta le diversità ormai solo nelle forme codificate del politicamente corretto, ma in realtà nella pratica quotidiana le espelle o le ghettizza.Piergiorgio Welby scriveva, con immediata efficacia, che «vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico». Persone come De Nigris, Fogar, Taliento, e tanti altri, se potessero avere voce pubblica, racconterebbero che no, la vita per loro non è soltanto questo: vita è anche un battito di ciglia che ha significato solo per chi lo sa intendere, è l’amore di chi ti accudisce, la voce e le mani delle persone care, la speranza che i gesti di cura trasmettano, in modo misterioso, calore e affetto al malato che sembra separato dal mondo.Nessuno ha chiesto a Fazio e Saviano una forma di par condicio (peraltro accordata al ministro Maroni), non è in gioco la politica, l’ideologia, e nemmeno la fede, ma soltanto il rispetto per vicende umane dolorose e insieme straordinariamente ricche. Facendo parlare queste storie si dissiperebbe, magari, anche qualche equivoco terminologico e scientifico, imparando che le condizioni di estrema disabilità, come sono gli stati vegetativi, sono ancora poco esplorate dalla scienza, che non ha molte certezze da offrire.Ma perché è stato scelto proprio il 9 febbraio per la giornata sugli stati vegetativi? L’intenzione è quella di superare le divisioni che si sono prodotte sul caso Englaro, e di unire tutti intorno a un obiettivo condiviso: promuovere la ricerca e il sostegno ai malati e alle loro famiglie.Non so cosa alla fine decideranno Fazio e Saviano; però vorrei fin da oggi invitarli a partecipare alla prossima Giornata degli stati vegetativi, dove potranno ascoltare quelli a cui finora hanno negato uno spazio. Se verranno, forse si renderanno conto che non riconoscendo queste storie sin dal principio hanno perso una bella occasione.
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