mercoledì 14 agosto 2013
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«Vogliamo fare i nostri migliori auguri alla nostra cliente più matura che, con i suoi 66 anni, ha dato alla luce due splendidi gemelli sani. Noi tutti ci uniamo alla gioia di questo evento straordinario». Il festante annuncio compare sulla home page di BioTexCom, il primo sito proposto da Google a chi avvia una ricerca con le parole chiave “utero in affitto”. La neo mamma ultrasessantenne – si scopre continuando nella lettura – si era rivolta alla clinica in cerca di una madre surrogata ma, spiegano alla BioTexCom, non essendo la donna regolarmente coniugata era stato impossibile accontentarla. Ma – eureka! – l’équipe medica ha fatto ricorso alla «nuova tecnica delle cellule staminali differenziali di cui siamo depositari del brevetto» inseminando – con successo – la nonnina. Cioè no. La mammina. «Una lode ai nostri medici – conclude il testo, rigorosamente scritto in neretto e costellato di punti esclamativi – che rendono possibili tanti sogni». O deliri. «O capricci. Di chi non accetta il proprio limite fisiologico, imposto dalla natura o dall’età anagrafica. Di chi insegue l’onnipotenza. Di chi pensa che il denaro, la possibilità di pagare, possa risolvere un problema intrinseco. Perché di questo si tratta. Invece di capire perché la maternità ci è preclusa – spiega Giuliana Mieli, psicoterapeuta – si cerca un trucco per aggirare l’ostacolo». Riuscire a concepire non è solo questione di organi riproduttivi efficienti e di gameti vitali ma anche – o, forse, soprattutto – di psiche: «Quasi mai l’infertilità è un problema esclusivamente fisico. Nell’essere umano è impossibile separare fisiologia, psicologia, sentimento. E, proprio per questo, è necessario capire se il sintomo fisico è espressione di un malessere che fisico non è. Spesso la medicina – critica Mieli – è troppo stupida». E se una donna non è pronta per avere un figlio, non lo è neppure se il figlio glielo partorisce un’altra: «Certo. Ma ricorrere all’utero in affitto è il modo di dimostrare che la sofferenza è diventata sindrome. Malattia. Delirio. Il dolore di una donna che vorrebbe essere madre e non ci riesce – prosegue la psicoterapeuta – va rispettato, compreso e il più possibile lenito. Ma l’egoismo di chi trasforma la realizzazione del proprio sogno nell’incubo di un altro non va sottoscritto né sostenuto». Non è sufficiente a pacificare le coscienze sapere che le madri surrogate sono consenzienti, che aspirano a venir scelte e che contano sul compenso: è solo un’illusione raccontarsi che per quelle madri, perché questo sono e restano anche se danno via il loro figlio, nove mesi di gravidanza siano solo un affare. Non è vero. E dovrebbe esserne tanto più consapevole una donna che madre lo vuole essere a tutti i costi. «Mi è capitato di assistere donne che hanno portato a termine una gravidanza per poi dare il loro bambino in adozione. Sono esperienze da cui si esce davastate, anche se fin dall’inizio si è consapevoli di quel che succederà dopo il parto e lo si è deciso in totale autonomia, senza costrizioni. Anche se ovviamente, essendo la pratica vietata in Italia, non ho mai aiutato madri surrogate – spiega Mieli – sono certa che la condizione emotiva ed emozionale in cui si vengono a trovare sia identica». Anzi, peggio. Perché il figlio che avevano in grembo non lo hanno ceduto. Lo hanno venduto: «Una ferita che segna entrambe le donne. E la loro creatura che aveva diritto a un concepimento fondato sull’amore»
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