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L'obelisco e il colonnato di piazza San Pietro
Tra pochi giorni, l’8 marzo, vivremo a Roma l’atteso incontro per celebrare i 50 anni dei Centri di Aiuto alla Vita (Cav), parte integrante e fondamentale del Movimento per la Vita (MpV). Non sarà una celebrazione qualsiasi, ma un momento che vuole andare in profondità: vogliamo andare al cuore del volontariato per la vita e uscirne rafforzati, maggiormente motivati, in qualche modo “purificati”.
Ci aiutano in questo diversi elementi. Primo tra tutti la possibilità di trovarci per esprimere – insieme – la nostra vicinanza a papa Francesco in un abbraccio corale, di stringerci attorno a lui, di fargli giungere il nostro affetto pregando per lui. Bene ha scritto Paola Binetti su Avvenire: «Il dono maggiore che papa Francesco ci ha fatto con la sua malattia è l’averci mostrato una volta di più la forza e la potenza umana e soprannaturale della preghiera». Certo, la sua presenza fisica, l’applauso che sicuramente sarebbe esploso fragoroso e prolungato al suo arrivo nell’Aula Paolo VI, la sua voce, la speranza di molti di poter tenere anche se per pochi attimi la sua mano o di ricevere una sua parola, non faranno parte dell’incontro, ma ciò non svuota affatto di senso il nostro esserci. Anzi, lo fa emergere in maniera ancora più luminosa perché più pura: il Papa non sarà assente, ma presentissimo, non solo perché ci giungerà il suo graditissimo messaggio, ma perché la Chiesa è casa e scuola di comunione che oltrepassa la presenza fisica, custodendo i legami nell’orizzonte della sinodalità.
Il nostro abbraccio a papa Francesco parla anche di gratitudine per quel magistero sulla vita nascente di cui è imperlato il suo pontificato e che abbiamo raccolto in un volume (“Il magistero di papa Francesco sulla vita nascente”, Editoriale Romani, col patrocinio dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della Salute della Cei) di cui gli sarà fatto dono insieme a una icona raffigurante la visitazione. Nel giorno in cui tutto il mondo esalta la donna, quale migliore riflessione di quella che vede la donna alleata del figlio che culla in seno? Siamo un popolo che vuole “ri-conoscersi” e vivere la dimensione comunitaria di un impegno grandioso che con tutta la Chiesa vuole dire al mondo che ogni figlio è prezioso, che ogni uomo è in sé stesso un valore incommensurabile.
Qui viene un altro non meno importante elemento che rende speciale l’incontro dell’8 marzo: ci troveremo nel cuore della cristianità, della Chiesa universale, per l’appuntamento dell’Anno Santo che la Chiesa ha voluto scandire nella storia dell’umanità fin dal 1300.
In modo ancora più forte è chiamato in causa lo Spirito Santo che in quest’anno giubilare ha il volto della Speranza. In questa solennità carica di storia si collocano i 50 anni del MpV, che non sono solo un inno alla vita ma anche un inno di Speranza. Vita e Speranza: ali della pace. Come si può stare dalla parte dei più fragili e scartati degli uomini, proteggere la primordiale solidarietà – quella tra la mamma e il bambino che porta in seno – se non siamo quotidianamente nutriti di Speranza? La Speranza ci porta a guardare con serena fiducia al futuro. Fiducia non solo in un senso buono dell’esistenza di ciascun essere umano, cioè di ogni persona, dall’alba al tramonto della vita, ma anche in un senso buono nella storia perché orientata – nonostante tutto – verso la civiltà della verità e dell’amore.
Ecco la “spes contra spem”! Radicati nella storia, impegnati oggi per costruire l’avvenire secondo una progettualità nuova che metta al primo posto gli ultimi. Lo sguardo su colui che non è nato e lo riconosce come uno di noi è la leva che muove questa nuova progettualità. Sarà dunque un momento di Grazia rinnovare il nostro impegno perché si attivi un generale “movimento per la vita”, consapevoli che questi primi 50 anni sono un dono alla Chiesa e alla società; una festa per il popolo della vita; la speranza in atto e quella che costruisce il futuro; la storia che ci ha fatti incontrare, conoscere, gioire, faticare, collaborare; l’occasione per ricaricarci, rinnovare energie e motivazioni per le quali vale la pena spendersi per costruire il nuovo umanesimo; la strada che ci vede camminare insieme.
A 50 anni dall'inizio del Movimento per la Vita, nel ricordo del molto lavoro compiuto e consapevoli di quello da compiere, dobbiamo fare emergere a livello di collettività, la bellezza di quella “spiritualità della vita” che – diceva Carlo Casini – «nel segreto delle nostre coscienze ci ha fatto ripetere nei momenti di stanchezza: “Qualunque cosa avete fatto a uno dei più piccoli dei miei fratelli lo avete fatto a Me”».
Motivo di ulteriore gratitudine è la realizzazione di un gesto giubilare completo con il passaggio della Porta Santa e la possibilità di ottenere l’indulgenza. Ciò significa che, come popolo della vita, siamo richiamati a un cammino di rinnovamento spirituale, di penitenza, perdono e riconciliazione – al cui centro si trova il senso misterioso e grande della vita umana – ; richiamati a vivere in sostanza il segno consolante che Dio è misericordia perché totalmente e sempre Padre. La Messa celebrata in San Pietro la mattina dell’8 marzo dal segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin sarà il culmine dell’incontro.
«Se il valore dell’esistere è la conseguenza della dignità umana – scrisse Carlo Casini nel 1994 – allora si può affermare che l’abisso della dignità umana è percepito contemplando l’Eucarestia e che il “misterium fidei” fonda, nella maniera più irresistibile, il diritto alla vita. Ogni uccisione dell’uomo appare in questa luce in tutta la sua gravità, tanto più acuta e inaccettabile quando la “parola d’amore di Dio” è stata appena pronunciata e l’embrione (il nome che noi abbiamo dato al più giovane tra gli uomini, al più bambino tra i bambini), è totalmente attesa di Dio. Egli è già uomo, non speranza di uomo. È speranza di Dio. Tutta intera, incontaminata, non tradita. Si comprende allora che il servizio alla vita, in particolare alla vita nascente, si radica nell’Eucarestia. Oltre a fondare il valore dell’uomo, essa indica l’inevitabile comportamento conseguente. “Spezzare il pane”, significa condividere. [...] di una intera comunità. Ciò richiede una forza, una tenacia, una convinzione che solo l’Eucaristia sa dare».
Abbiamo e avremo dunque di che gioire!
*Presidente del Movimento per la Vita italiano