giovedì 8 giugno 2017
L'Olanda scossa dal caso giudiziario del proprietario di una clinica per la fecondazione artificiale che avrebbe sostituito decine di volte il seme dei donatori scelti dalle coppie con il proprio.
Ansa

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Un incredibile caso legale sta scuotendo l’Olanda. Al centro dello scandalo il dottor Jan Karbaat, deceduto due mesi fa, dal 1980 al 2009 direttore di una clinica che forniva servizi legati alla fecondazione artificiale. Secondo quanto sostenuto da alcune persone, che hanno deciso di rivolgersi alla magistratura chiedendo l’esame del Dna su tracce biologiche di Karbaat, in alcuni casi il medico avrebbe volontariamente usato il suo sperma in luogo di quello dei donatori selezionati dalle coppie che gli si rivolgevano per avere un figlio in provetta. I media riportano cifre discordanti, ma coloro che intendono sapere se sono figli biologici del medico sarebbero tra i 12 e i 25, tra uomini e donne. Tra queste ultime figura la psichiatra trentaseienne Moniek Wassenaar, che sostiene di aver interpellato il dottor Karbaat prima che morisse. Secondo la Wassenaar, Karbaat avrebbe ammesso che esistono concrete possibilità che lei e molti altri siano suoi figli, poiché ritenendosi persona sana e particolarmente intelligente avrebbe inteso fare un favore all’umanità donando il proprio seme.

Secondo alcune fonti potrebbero essere addirittura 60 i nati da eterologa con i gameti di Karbaat, la cui clinica era già finita sotto osservazione, fino alla chiusura, per dubbi sul rispetto del limite massimo di utilizzo del seme dello stesso donatore. Le cliniche infatti sono tenute ad aggiornare un registro dei donatori al fine di evitare un numero troppo elevato di figli dello stesso padre e le conseguenti problematiche legate a un’alta probabilità di incesto tra fratelli ignari di esserlo. Durante i quasi trent’anni di attività sono circa 10mila i bambini nati nella clinica di Karbaat: aumentano così i sospetti che la truffa del medico possa avere dimensioni ben più ragguardevoli.

Il caso olandese riporta all’ordine del giorno le innumerevoli problematiche legate alla fecondazione eterologa. Tale pratica, che priva i figli del legame con uno o entrambi i genitori biologici, si presta ad abusi difficilmente controllabili e pone la seria questione circa il diritto dei concepiti attraverso donazione di gameti di conoscere le loro origini. L’avvocato Laura Bosch, che dirige un’organizzazione svizzera impegnata nel riconoscimento dei diritti dei bambini, ha aiutato i diretti interessati nella stesura della richiesta di esame del Dna, basandosi proprio sul diritto di sapere chi sono i loro genitori.

Si sbaglierebbe se si pensasse che la storia del dottore olandese sia un caso isolato: nel 2012 fu portato alla luce uno scandalo del tutto analogo riguardante il dottore austriaco Bertold Wiesner, titolare di una clinica londinese gestita assieme alla moglie. Durante l’attività della clinica – un quarto di secolo a cavallo tra gli anni ’40 e gli anni ’60 – sembra che Wiesner abbia usato il proprio seme senza informare le donne almeno 20 volte all’anno. Sarebbero addirittura 300 – ma c’è chi sospetta che possano essere fino a seicento – i figli del medico. Ma nessuno potrà mai avere conferma di queste stime se non attraverso l’esame del Dna: la moglie di Wiesner, infatti, ha distrutto tutti i registri della clinica, rendendo impossibile per i concepiti in laboratorio risalire alle proprie origini biologiche. Così, una volta emersa la verità, diciotto persone si sono sottoposte al test: ben 12 sono risultati figli dell’allora direttore della clinica.

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