martedì 28 agosto 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
La Corte europea dei diritti dell'uomo «si allinea a quella tendenza, definita di eugenetica liberale, che privilegia gli interessi della coppia e pone sotto silenzio il problema della tutela della vita nascente, specie quando è malata». Lo afferma il Centro di ateneo di bioetica dell'Università Cattolica, sulla «sentenza (provvisoria)» con la quale la Corte ha dato ragione a una coppia italiana, portatrice sana di fibrosi cistica, che voleva accedere alla procreazione medicalmente assistita per selezionare gli embrioni sani da quelli malati.La legge 40, scrive il Centro di bioteca della Cattolica, aveva messo al centro non solo l'interesse della coppia, «ma anche il valore dell'embrione umano». Per questo si era vietata la selezione degli embrioni. In quanto al «conflitto» con la legge 194, quest'ultima «consente l'aborto di un feto affetto da patologia non perché malato, ma perché la madre dichiara che la continuazione della gravidanza metterebbe a repentaglio la sua salute psichica o fisica». Le due leggi sono quindi «formalmente sono coerenti nel vietare l'eliminazione di un embrione o di un feto perchè malati». E la recente Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ribadisce il Centro della Cattolica, «ha sancito con chiarezza il divieto di abortire un feto o un embrione perché malati e affetti da grave disabilità. Ma quando sono in gioco gli interessi immediati degli adulti e ci si appella ai loro diritti - conclude - queste dichiarazioni diventano invisibili».
 
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: