sabato 5 luglio 2025
La preghiera in diretta streaming del cardinale arcivescovo e presidente della Cei nel collegamento dall’Ospedale Maggiore: «Cerchiamo e diamo speranza anche nei momenti più bui»
Zuppi: nessuno sia lasciato solo nella malattia
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«La speranza viene da Dio e quindi non delude mai, anche nella malattia e anche nei suoi momenti più bui e duri». È questo il nòcciolo della riflessione con cui il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha voluto concludere l’Ora di preghiera e Adorazione eucaristica che venerdì 4 luglio, come ogni mese, si è svolta per iniziativa dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della Salute in un luogo di cura e in diretta streaming sul suo canale YouTube: stavolta a Bologna, nella Cappella al XII piano dell’Ospedale Maggiore, e in collegamento con il Centro Sant’Ambrogio Fatebenefratelli di Cernusco sul Naviglio (Milano).

«Il Signore ci affida i suoi – ha detto Zuppi rivolgendosi a coloro che si occupano della cura dei malati – perché un po’ della Sua luce possa illuminare le tenebre della malattia e della solitudine della malattia. Ma stare con il Signore e starci insieme è la vera vittoria sulla malattia. Quello che conta davvero è la speranza, quella speranza che non delude – ha proseguito, collegandosi al tema del Giubileo –. Sappiamo che tante volte la malattia delude, a volte addirittura pensiamo che non valga più la pena continuare a vivere. La speranza invece non delude, perché nessuno e niente ci può separare dall’amore di Dio. E anche quando il buio è più fitto, la luce del Signore è affidata a coloro che rappresentano il vero Samaritano che ha compassione sempre dell'uomo “mezzo morto”, che è Gesù».

«Ringrazio la Pastorale sanitaria della Cei per questa opportunità di preghiera– ha concluso Zuppi –: è un pellegrinaggio che ci porta in tanti luoghi, ma ci fa vivere sempre questa stessa esperienza di luce, di amore, di forza, di consolazione nella debolezza, qualche volta nella debolezza più grande. Che nessuno sia mai lasciato solo nella debolezza e nella malattia, che la Chiesa sia comunità, sia famiglia, che nessuno possa dire “non sono venuti a visitarmi” e che noi tutti ci aiutiamo gli uni gli altri a essere vicini e a visitare chi è malato».

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