giovedì 21 novembre 2013
Giù sia quelle nazionali sia quelle estere. L’invito di Napolitano al Parlamento: affronti in modo organico i problemi finora emersi.
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Riconosciamo – scrivevano già nel preambolo gli estensori della Convenzione per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 – «che il fanciullo, ai fini di uno sviluppo armonioso e completo della sua personalità, deve crescere in un ambiente familiare e in un clima di felicità, di amore e di comprensione». Potevano riconoscere l’importanza di un sereno e accogliente ambiente familiare i delegati che 24 anni diedero alle stampe la Convenzione. Garantire, però, che tutti i bambini quell’ambiente potessero sperimentare è tutta un’altra storia. C’è poco da festeggiare, in Italia, a questo proposito. Le adozioni continuano a registrare un segno negativo. Quelle all’estero, secondo i dati presentati ieri dalla Commissione per le adozioni internazionali, sono calate di quasi un quarto (-22,8%). Né vanno meglio quelle nazionali: secondo la Commissione bicamerale per l’infanzia dal 2007 al 2011 sono state il 33% in meno. Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ieri ha ricordato che «poter essere accolto e crescere all’interno di un ambiente familiare sereno rappresenta un fondamentale diritto del minore, un bene sociale irrinunciabile», ma spetta al legislatore – ha proseguito – «il compito di affrontare in modo organico i seri problemi finora individuati».Secondo Piero Grasso, il presidente del Senato, «uno dei deterrenti alla scelta di adottare è la complessità delle procedure e l’incertezza dei tempi per concludere il percorso». Dello stesso parere anche Marco Griffini, presidente di Ai.Bi, l’associazione Amici dei Bambini: «Quando lanciamo gli annunci di bambini da adottare, i tribunali ricevono centinaia di richieste. Vuol dire – ha spiegato – che oggi in Italia c’è una voglia di adottare che è stata brutalmente messa in crisi dalle procedure». E, soprattutto, dai costi. Spesso per portare a termine un’adozione internazionale bisogna mettere in preventivo tra i 15 e i 20mila euro. Inevitabile che la crisi abbia determinato una brusca contrazione di coloro che – al di là del desiderio di maternità e di paternità – hanno a disposizione cifre così rilevanti.  Lo scorso anno sono stati adottati 3.106 bambini stranieri contro i 4.022 del 2011. Sul fronte nazionale, a fronte di 1.177 minori dichiarati adottabili sono stati pronunciati 776 affidamenti preadottivi e 923 adozioni legittimanti, cioè quelle in cui il bambino diventa figlio a tutti gli effetti. Nel 2012, i bambini arrivati dall’estero nelle famiglie italiane sono nati in 55 Paesi diversi anche se la maggior parte arriva da Federazione Russa, Colombia, Brasile, Etiopia e Ucraina. La Lombardia è la regione dove risiede il numero più alto di bambini adottati, il 18,1 per cento del totale. Seguono Lazio, Toscana, Veneto, Campania, Puglia e Sicilia. Ma Ieri non si è parlato solo di adozioni. Una ricerca presentata dalla Fondazione Zancan ha messo in luce dati gravissimi: il 23% delle persone in condizioni di povertà assoluta sono bambini, che non hanno a disposizione beni e servizi essenziali per il loro sviluppo. In Italia la spesa per la protezione sociale destinata a bambini e famiglie è nettamente inferiore rispetto alla media europea: nel 2010 era l’1,3% del Pil, contro il 2,3% del Pil mediamente in Europa. Non sono più incoraggianti i dati sfoderati da Unitalsi: il 65% dei bambini disabili di Roma dichiara di dover fare i conti sistematicamente con le barriere architettoniche, grave piaga della Capitale.«I bambini incarnano il nostro futuro e sono estremamente vulnerabili, soprattutto se di sesso femminile, disabili, o appartenenti a un’altra etnia. Ridurre le disparità di accesso alla scuola, ai servizi sanitari, alla socializzazione – ha dichiarato Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita – deve confermarsi un preciso impegno di una società veramente solidale».Lapidario Marco Scarpati, presidente di Ecpat: «L’infanzia e l’adolescenza non meritano di venir celebrate una volta l’anno».
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