sabato 12 marzo 2011
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Il disegno di legge sulle dichiarazioni an­ticipate di trattamento in discussione al­la Camera dei deputati è una proposta ra­gionevole, condivisibile, realmente liberale e oggi non più rinviabile, a fronte degli av­venimenti degli ultimi anni su fine vita e li­bertà di cura. È necessario, infatti, che il Parlamento pon­ga per legge limiti e vincoli precisi a quella giurisprudenza 'creativa' che sta introdu­cendo surrettiziamente nel nostro Paese ar­bitrarie derive eutanasiche. Rilevanti e gra­vi decisioni giudiziarie hanno infatti reso possibile interrompere la somministrazio­ne di cibo e acqua, anche per vie artificiali, a persone non più in grado di esprimere il proprio consenso, e hanno ridotto il con­senso informato alla ricostruzione ex post delle volontà di una persona, dedotte persi­no dai suoi "stili di vita", ignorando la ne­cessità di una volontà attuale basata su un’informazione medica adeguata.Il testo di legge in discussione – pur essendo, come qualsiasi provvedimento legislativo, miglio­rabile – è chiaro e lineare a proposito delle questioni appena richiamate e, dunque, nei suoi contenuti fondanti. E noi riteniamo che se non fosse approvato in tempi rapidi, te­nendo saldi questi suoi princìpi cardine, di­venterebbe sempre più difficile drenare una giurisprudenza orientata a riconoscere il "di­ritto" a una morte medicalmente assistita, in altre parole all’eutanasia trasformata in at­to medico. La nostra è la civile e laica preoccupazione di persone informate e responsabili, ben consapevoli della rilevanza della questione posta dai pronunciamenti giudiziari che hanno rovesciato nel suo contrario il princi­pio del "favor vitae" al quale il nostro ordi­namento s’ispira. Da credenti siamo anche confortati dal fat­to che in questa materia il magistero della Chiesa si è inequivocabilmente pronuncia­to, come si può evincere dalle "Risposte a quesiti della Conferenza episcopale statuni­tense circa l’alimentazione e l’idratazione artificiali" predisposte dalla Congregazione per la dottrina della fede, allora presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger, come anche nel discorso di Giovanni Paolo II al congres­so su "I trattamenti di sostegno vitale e lo stato vegetativo. Progressi scientifici e di­lemmi etici", del marzo 2004; come più in generale nell’enciclica Evangelium Vitae .Re­centemente il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale ita­liana, rifacendosi al costante magistero pon­tificio, ha a sua volta dichiarato: «La legge che sta per essere discussa alla Camera non è una legge "cattolica". Semplicemente rap­presenta un modo concreto per governare la realtà e non lasciarla in balia di sentenze che possono a propria discrezione emettere un verdetto di vita o di morte. I malati termina­li rischierebbero di essere preda di decisio­ni altrui. Precisare poi che l’alimentazione e l’idratazione non sono terapie, ma funzioni vitali per tutti, sani e malati, corrisponde al buon senso dell’accudimento umano e pongono un limite invalicabile, superato il quale tutto diventa possibile».Ci sono solidi argomenti di ragione – co­muni a laici e cattolici – per sostenere l’ur­genza, l’efficacia e l’utilità del testo di leg­ge all’esame della Camera dei deputati. E per noi, in quanto credenti, sussiste anche l’autorevole pronunciamento della Chie­sa che, in forza del suo sapienziale discer­nimento e con l’autorevolezza morale al­la quale da più parti si guarda con rinno­vata speranza, indica la via attualmente più concreta alla tutela del bene co­mune. Questa legge va fatta, e va fat­ta adesso.​
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