sabato 12 marzo 2022
Dopo il varo della legge sulla "morte volontaria medicalmente assistita alla Camera, si alzano le prime voci critiche da alcune sigle di ispirazione cristiana. Che chiedono interventi sul testo
«Suicidio assistito, ecco perché la legge va cambiata al Senato»
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Da alcune associazioni d’ispirazione cristiana come da voci cattoliche impegnate in politica valutazioni critiche e argomentate richieste di cambiamenti per la legge sulla «morte volontaria medicalmente assistita» approvata il 10 marzo in prima lettura alla Camera e attesa ora al vaglio del Senato. Eccone una rassegna.

Movimento per la Vita
«Non è certo un successo, né un passo avanti della civiltà, l'approvazione da parte della Camera dei Deputati del testo unico sulla cosiddetta morte volontaria medicalmente assistita – è il giudizio di Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la Vita –. Gli apprezzabili sforzi per emendare il testo a favore della cura piuttosto che della somministrazione della morte non cancellano l'impostazione di tutta la normativa che è sostanzialmente eutanasica. Rispetto al nostro ordinamento giuridico non si tratta infatti di limitare dei danni raggiungendo il massimo bene possibile con una legge imperfetta, ma di introdurre nell'ordinamento l'eutanasia. La sentenza 242 del 2019 è solo apparentemente rispettata, così come la sentenza 27 del 1975 sull'aborto è stata solo in apparenza rispettata dalla legge 194 del 1978. Basta fare un'analisi neanche troppo approfondita del testo unico Bazoli-Provenza per rendersi conto di come a distanza di 44 anni gli specchietti per le allodole piantati nella legge 194 si ritrovano adesso, in un diverso contesto ovviamente, nelle disposizioni sul fine vita. Sarà necessaria una battaglia in Senato, un lavoro tenace per cambiare la logica del testo approvato dalla Camera: non si tratta di dire no a una legge che riguarda le persone malate e i loro cari, ma di dire no a una legge che apre il baratro dell'eutanasia e del suicidio assistito. L'inevitabilità della morte implica per la società il rifiuto dell'ostinazione irragionevole ma anche il dovere di offrire tutto ciò di cui c'è bisogno per eliminare la sofferenza, la solitudine, l'abbandono; viceversa fornire e somministrare strumenti di morte implica sicuramente un bel risparmio di risorse e di soldi ma implica anche una disumanizzazione della società e un svuotamento dei diritti dell'uomo perché tutto ciò che porta alla morte voluta, programmata, pianificata distrugge il fondamento dei diritti: l'uomo, appunto».

Scienza & Vita
«Trovo davvero spropositato che il Parlamento italiano voglia trasformare luoghi di cura e terapia in strutture dove si somministrano farmaci per sopprimere vite umane – dice Alberto Gambino,presidente di Scienza & Vita, in una dichiarazione all’agenzia Sir –. Dopo la sentenza della Corte costituzionale – che certamente aveva aperto a forme di aiuto al suicidio del paziente fortemente sofferente – mai ci saremmo aspettati, non avendolo indicato neanche la stessa Corte, che proprio gli ospedali fossero "eletti" a strutture dove si attueranno protocolli di assistenza per iniettarsi farmaci letali. È un errore legislativo estremamente grave per tre ordini di motivi. Anzitutto, perché si ribalta la missione curativa del Servizio sanitario nazionale, con tutte le conseguenze sul prevedibile depotenziamento degli investimenti sulle terapie, a cominciare da quelle sul dolore e le cure palliative. Poi, perché si deforma nella percezione collettiva l’immagine plurimillenaria di luoghi di ricovero e assistenza sanitaria che rappresentano oggi, specie in Italia, un fondamentale architrave di solidarietà nella malattia. Terzo, perché saranno soprattutto i pazienti più fragili, vulnerabili e soli a spingersi verso l’esito della morte provocata da una procedura di auto-avvelenamento. Se proprio si deve trovare un luogo dove operare protocolli suicidari allora lo si individui al di fuori degli ospedali, che altrimenti finiranno col mettere ancora più paura ai pazienti che vi entrano. E non si dica che è un problema di garanzie e di costi perché questi sono temi che possono facilmente essere risolti. Resta allora solo una scelta ideologica e anche per questo non può nascondersi l’amarezza che la maggioranza dei parlamentari, e tra loro anche alcuni tradizionalmente attenti alla tutela delle fragilità umane, non abbia finora ancora colto questo punto cruciale, rispetto al quale la Corte costituzionale che ha invitato a fare la legge, si era ben tenuta distante, indicando chiaramente che non possono esserci obblighi per i medici e, dunque, per il Servizio sanitario nel suo complesso».

Centro studi Livatino
«Il testo unificato sull’eutanasia, approvato alla Camera, altro non è che una legge 194/1978 che, invece che al concepito, ha nel mirino l’ammalato, il disabile, l’anziano non autosufficiente – si legge in una nota del Centro studi Livatino –. Della 194 il testo odierno mutua la forma, la struttura, la dinamica, in taluni passaggi perfino la lettera (come emerge sovrapponendo le parti sull’obiezione di coscienza). Non prevedendo un centesimo di euro a sostegno della terapia del dolore, o dell’aiuto che al paziente in difficoltà può venire dai caregiver, essa rende ipocrita l’insieme di belle parole che avvolgono la sostanza; e la sostanza è che le spese per anziani e disabili sono un costo che il sistema sanitario non intende più sostenere. Per rendere meglio l’idea, come l’art. 1 della 194 proclamava che “l’interruzione volontaria della gravidanza (...) non è mezzo per il controllo delle nascite”–, e sappiamo come è andata a finire – così l’eventuale seguito del lavoro parlamentare potrebbe aggiungere al testo sull’eutanasia un proclama del tipo “la morte volontaria medicalmente assistita, di cui alla presente legge, non è strumento per il controllo della spesa pubblica”. Perché invece sarà proprio questo».

Family Day
«Con l'approvazione alla Camera del testo unico Bazoli sull'eutanasia la classe politica italiana sceglie la strada della morte e dell'abbandono terapeutico – è il commento del presidente del Family Day Massimo Gandolfini –. Dovunque sia stata approvata una legislazione mortifera che apre al suicidio assistito e all'eutanasia, nel giro di pochi anni si è registrato un boom di richieste di "morte di Stato" da parte di anziani, malati, persone sole, disabili e depressi. Se il voto a Montecitorio non sarà ribaltato dal Senato sarà così anche per il nostro Paese. Un piano inclinato spinto anche dalle esigenze di risparmio dei sistemi sanitari. Per tutti questi motivi rivolgiamo un appello ai Senatori affinché il testo – che noi disapproviamo nella sua totalità – sia almeno emendato e ridiscusso nei punti più atroci e controversi. Il Family Day sosterrà ogni tipo di iniziativa parlamentare volta a fermare questo testo inutile e pericoloso. A maggio sarà poi la volta di una grande manifestazione per la tutela della vita tesa a scuotere le coscienze di un Paese che, in pieno inverno demografico, si incammina a passo veloce verso quella cultura dello scarto denunciata da Papa Francesco».

Pro Vita & Famiglia

«Siamo pronti a una grande manifestazione nazionale per la Vita contro il tentativo del Parlamento di introdurre in Italia l’eutanasia – commenta Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia –, che nel mondo spinge e induce alla morte malati, anziani, soli, depressi anche minorenni e disincentiva gli investimenti in assistenza socio-sanitaria e in cure palliative da parte dello Stato, istituzionalizzando la “cultura dello scarto” denunciata da Papa Francesco. Appoggeremo tutti i tentativi che in Senato proveranno a ribaltare il voto della Camera».

Paola Binetti

«Dopo l'approvazione della legge alla Camera dei deputati, ora il testo arriverà al Senato, dove il nostro impegno sarà tutto nel modificare radicalmente la legge e innescare un processo che permetta di prevenire la richiesta eutanasica – è la riflessione della senatrice Paola Binetti (Udc) –. La solitudine genera depressione, nella depressione prende forma il desiderio di morire e questo si può trasformare in una richiesta di suicidio assistito. È questa la grande sfida davanti alla quale sono poste le famiglie, soprattutto le famiglie dei soggetti più fragili. Ed è questo il bisogno colto dalla legge che oggi riapre le porte alle visite dei malati, perché mai più si sentano soli. Da oggi si potrà tornare a far visita a parenti e amici in ospedale. Mai come in questa pandemia la famiglia ha rivelato tutto il suo potere terapeutico. La famiglia è un rimedio eccezionale alla perdita di autonomia momentanea che comunque la malattia comporta. Senza la famiglia, nella solitudine di un ospedale, di una Rsa, per quanto ben funzionante e attrezzata, la sensazione di sentirsi abbandonati genera una depressione strisciante e progressiva, che piano piano porta davvero a morire di solitudine. Finché non si coglie il valore profondo del rapporto interpersonale durante la malattia, quando ci si sente totalmente dipendenti dagli altri, privi di autonomia non si potrà capire in cosa consista la vera prevenzione del suicidio e dell'eutanasia».

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