martedì 29 gennaio 2019
Parla il padre della bio-robotica: la robotizzazione della medicina è una tendenza positiva, ma l'uomo deve mantenere le redini delle macchine. Fa più paura lo strapotere degli algoritmi nel Web...
«Robot e medicina, il futuro passa di qui»
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La medicina ha sempre più bisogno della robotica, uno dei nuovi temi indicati nei giorni scorsi dal Papa alla Pontificia Accademia per la Vita per la riflessione bioetica del futuro. I vantaggi sono riconosciuti. Ma occorre cautela, come spiega Paolo Dario, ordinario di Robotica biomedica e fondatore dell’Istituto di Bio-robotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa – recentemente insignito dall’Università Campus Bio-Medico di Roma della laurea honoris causa in Ingegneria biomedica. «Bisognerà preparare le persone a gestire queste nuove tecnologie e a mantenere la capacità di dominarle – avverte –. Questo lo si ottiene con l’educazione, la ricerca e formando medici e infermieri competenti».
Quali sono le frontiere della robotica medica?
Agli inizi degli anni ’80, quando eravamo pionieri, molti ritenevano che fosse utopico applicare le tecnologie per assistere i pazienti, fare riabilitazione o interventi chirurgici. Oggi nessuno mette in dubbio che i robot possano essere usati in medicina. C’è ancora molta ricerca da fare, applicazioni da esplorare, però la prima collina di conoscenze scientifiche e tecnologiche è superata.
Non teme che le nuove applicazioni tecnologiche possano prendere il sopravvento?
Lo strapotere di alcuni colossi del Web è molto più pericoloso. Dovremmo sempre chiederci se stiamo utilizzando tecnologie che sono utili e cos’è eticamente preferibile. I robot hanno dimostrato che nella stragrande maggioranza dei casi non sostituiscono gli uomini. Inizialmente i chirurghi avevano il timore che potessero sostituirli, ma non è successo: oggi sono loro stessi i più convinti sostenitori di questi strumenti di grandissima precisione in grado di realizzare meglio le loro intenzioni. Ma è sempre il chirurgo che decide, pianifica e controlla.
Il sistema sanitario italiano è in grado di garantire le nuove tecnologie a tutti?
In linea di massima cerca di coprire i bisogni di tutti i cittadini. Le protesi più evolute costano di più e quindi tendenzialmente vengono proposte a pazienti giovani con la conoscenza, la capacità e la volontà di usarle. Quanto ai costi, alcune regioni possono pagare fino a una certa cifra. Col tempo, in genere, i tariffari vengono rivisti e cambiati, e non sempre riescono a tenere conto del progresso. In parte però questo avviene a protezione del paziente, per evitare che vengano introdotte nuove tecnologie troppo costose rispetto al risultato.


Vale anche per gli interventi chirurgici?
Il caso dei robot chirurgici è emblematico: possono costare anche due milioni di euro, e anche il singolo intervento è molto costoso. C’è stato un periodo in cui in certe regioni ce n’erano 9-10, e questo faceva esplodere i costi. Oggi i robot vengono dati solo in alcuni centri e per determinate operazioni in cui il vantaggio è dimostrato. Nella robotica applicata in medicina, insomma, il problema etico non è solo nel rispetto per il paziente ma anche per l’aspetto economico: a chi fornisco cosa? E chi paga? L’obiettivo è studiare soluzioni nuove, che speriamo efficaci e, se possibile, rivoluzionarie.
In Italia qual è il livello di utilizzo delle nuove tecnologie?
Non è detto che accettare subito tutte le novità sia la soluzione vincente. L’Italia viene comunque valutata tra le prime nazioni al mondo in cui il rapporto costo-beneficio è fra i migliori. Il nostro sistema ha sicuramente molti problemi, ci sono punte di eccellenza e sacche di scarsa qualità. Oggi però la migrazione dei pazienti non avviene più verso l’estero ma dal Sud al Nord del Paese.
I medici hanno una formazione adeguata?
I medici italiani sono molto recettivi, allineati rispetto ai nuovi sviluppi tecnologici. Ricordiamo che i medici di mezza età hanno cominciato a operare con la chirurgia mini-invasiva, introdotta alla fine degli anni ’80, una rivoluzione. Ormai è stata formata una nuova generazione di medici che, così come usa computer e cellulari, con la stessa facilità, senza preconcetti e paure, utilizza la tecnologia.
In futuro cosa sarà possibile ottenere grazie alla robotica?
Ci saranno innovazioni implementari. Ogni strumento tecnologico già utilizzato per la chirurgia di precisione, per le riabilitazioni, per l’assistenza domestica a persone con problemi motori, così come le protesi bioniche, faranno progressi. Non è facile prevedere le innovazioni radicali. Esistono comunque grandi tendenze dove si concentrerà la ricerca. Si pensi all’invecchiamento della popolazione: sono necessarie soluzioni che funzionino, sostenibili e accettabili eticamente ed economicamente, non si può puntare solo alle badanti e neppure gravare più di tanto su famiglie sempre meno numerose. Altre soluzioni saranno legate alla qualità della vita, al benessere e all’attività fisica.

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