giovedì 8 febbraio 2018
All'Università di Edimburgo sono stati ottenuti per la prima volta ovociti umani maturati in provetta. Estratti da tessuto ovarico sono forse un rimedio all'infertilità. Ma i dubbi etici sono numerosi
Ovociti umani in provetta? «Eticamente inammissibile»
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Ovociti ottenuti in provetta. Detto così, pare inquietante. Ma ormai la scienza e la riflessione bioetica ci hanno abituati a cercare informazioni affidabili prima di formulare qualunque giudizio, sempre ricordando che di una scoperta si possono fare usi positivi o pessimi.

I termini tecnici oggi sono questi: portando a compimento un percorso di ricerca trentennale, l’équipe di Evelyn Telfer all’Università di Edimburgo ha ottenuto per la prima volta la maturazione in vitro di ovociti umani estratti da tessuto ovarico, nel quale si trovano in gran numero ma in uno stadio estremamente immaturo, e comunque di certo inadatto a una fecondazione. La tecnica, sinora sperimentata solo su animali, consiste nel prelevare campioni di tessuto da pazienti che hanno visto o potrebbero vedere compromessa la fertilità. Gli ovociti immaturi estratti – di qualità inferiore ma in quantità assai superiore rispetto a quelli prelevati per normali cicli di fecondazione assistita – vengono poi fatti maturare in provetta attraverso un mix di sostanze.

«Riuscire a far sviluppare completamente gli ovociti in laboratorio – spiega Telfer, che si è vista pubblicare lo studio da Molecular Human Reproduction – potrà portare a nuove cure per la fertilità e a nuove applicazioni nel campo della medicina rigenerativa. Ora stiamo ottimizzando l’insieme di sostanze in cui vengono coltivati e stiamo cercando di capire se sono del tutto sani».

Interrogativo che chiarisce il punto della questione: «Gli ovociti ottenuti sinora sono pochi e presentano vari tipi di difetti gravi – spiega Eleonora Porcu, ginecologa e pioniera mondiale della vitrificazione ovocitaria –. È stato compiuto un passo significativo, ma ancora troppo limitato per poterne valutare possibili vantaggi e conseguenze. Tanto per cominciare, non sappiamo se questi ovociti siano fecondabili e a quale tipo di embrioni darebbero vita. E non è un’obiezione da poco...».

Non a caso Telfer annuncia che «aspettiamo l’approvazione per poter verificare che gli ovociti possano effettivamente essere fecondati». Posto che in un Paese come l’Inghilterra dove si è dato il via libera persino agli embrioni ibridi umano-bovini, poi rivelatisi fallimentari, difficilmente un simile placet verrà negato, valgono le laicissime domande del presidente del Comitato nazionale per la bioetica Lorenzo D’Avack: «Per verificare l’efficacia della scoperta occorrerebbe provare a far nascere un bambino, ma sperimentare sull’uomo è inaccettabile. Chi ci garantisce che gli embrioni ottenuti in provetta siano perfettamente uguali agli altri? Ribadisco l’obiezione espressa dal Cnb sull’editing genetico: non possiamo sapere quale esito possa dare questa tecnica sulla vita umana. E dunque occorre molta prudenza».

Roberto Colombo: eticamente inammissibile

Lo studio pubblicato online sulla rivista scientifica Molecular Human Reproduction (30 gennaio 2018) dal gruppo di ricerca della Università di Edinburgo coordinato dalla professoressa Evelyn Telfer ha reso noto una nuova tecnica per la coltura e la maturazione in vitro di ovociti umani del tessuto follicore della donna fino a farli giungere allo stadio di metafase II, quello che precede immediatamente l'ovulazione dal follicolo di Graaf e la eventuale fertilizzazione da parte dello spermatozoo.

La tecnica è stata ideata allo scopo di rende possibile il prelievo e la conservazione di tessuto follicolare ovarico da donne affette da tumore prima dell'inizio di una chemioterapia, che potrebbe distruggere le cellule germinali e rendere la donna infertile: l'idea è che, in anni successivi al trattamento antitumorale, la donna possa disporre di cellule uovo in grado per concepire in vitro un figlio con il seme del marito attraverso la procreazione medicalmente assistita.

Ma la disponibilità attraverso questa tecnica colturale di un ampio numero di ovociti umani in vitro - se sarà confermata la loro capacità di dare origine a embrioni umani in gradi di svilupparsi - apre la strada ad una facile accessibilità alla fecondazione eterologa con gamete femminile di donatrice e anche alla clonazione umana per trasferimento di nucleo di cellula somatica (SCNT), entrambe oggi limitate praticamente anche dalla scarsa disponibilità di ovociti umani maturi.

Per questa ragione, nonostante la coltura e la maturazione in vitro di gameti umani non sia in sé stessa intrinsecamente illecita (non si tratta di un organismo umano embrionale che si sta sviluppando ma solo di cellule del corpo umano), questo tipo di interventi biotecnologici è eticamente inammissibile e giudicato negativamente dalla Chiesa cattolica in quanto materialmente e formalmente coinvolto nella pratica della generazione in laboratorio di embrioni umani, intenzionalmente separata dall'atto di amore coniugale tra la donna e l'uomo e irrispettosa della vita e della dignità del concepito.

Come afferma la Istruzione Dignitas personae (2008), se "la crioconservazione di ovociti in ordine al processo di procreazione artificiale è da considerare moralmente inaccettabile" (n. 20), per la stessa ragione è inaccettabile la produzione in laboratorio dei medesimi ovociti.Inoltre, per verificare la fecondabilità di questi ovociti maturati in vitro, sarebbero necessari numerosi esperimenti di fertilizzazione, con la manipolazione e soppressione di esseri umani allo stadio di sviluppo embrionale, generati per un uso meramente strumentale alla validazione di una biotecnologia riproduttiva, e dunque condannabile come gravissima violazione dei diritti umani del concepito.

*** docente della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Univerità Cattolica del Sacro Cuore (Roma) e membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita (Città del Vaticano)

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