giovedì 6 maggio 2021
Dalla Svezia arriva lo stop ai bloccanti la pubertà e agli ormoni per la transizione di genere ai minori di 16 anni
Ormoni bloccanti della pubertà stop della Svezia

Ansa

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Dalla Svezia arriva lo stop ai bloccanti la pubertà e agli ormoni per la transizione di genere ai minori di 16 anni. Sarà possibile somministrare gli ormoni fra i 16 e i 18 anni solo nell’ambito di studi approvati dall’Epm (Comitato Etico Svedese), ferma restando una valutazione del livello di maturità del minore per poterne determinare la capacità di consentire consapevolmente al trattamento. Si tratta di una decisione assunta dal Karolinska Hospital in marzo, entrata in vigore in aprile, ed è la prima, clamorosa bocciatura del cosiddetto protocollo olandese, il trattamento indicato anche dalla Wpath ( World Professional Association of Transgender Health) per i ragazzini con disforia di genere, cioè che non si riconoscono nel genere di nascita. Il protocollo, applicato anche in Italia, è noto con la sigla 12-16-18: intorno ai 12 anni si somministrano farmaci che bloccano la pubertà – ad esempio arrestano il ciclo mestruale nelle femmine – per dar modo ai minori di “esplorare” la propria identità di genere e prendere tempo per decidere a quale genere appartengono.

A 16 anni si inizia con gli ormoni per la transizione, e a 18 eventualmente si può procedere con la chirurgia. La procedura è tanto diffusa quanto poco sperimentata, e tutti i ragazzini che iniziano poi proseguono con la transizione, a dimostrazione che non si tratta di una “pausa di riflessione” ma di un metodo che introduce alla transizione di genere. Negli ultimi anni il numero degli adolescenti che ha subìto questo trattamento è aumentato enormemente, specie nel Nord Europa. In Svezia ad esempio dal 2008 al 2018 le diagnosi di disforia di genere sono aumentate del 1.500 per cento nella fascia di età fra i 13 e i 17 anni, soprattutto fra le ragazzine. Ed è scoppiato, letteralmente, il fenomeno dei de-transitioners, coloro cioè che (soprattutto femmine) dopo la transizione si sono resi conto di aver fatto un errore, e vogliono tornare al genere di nascita. Ma il cammino non è reversibile.

In Svezia il fenomeno è stato affrontato da inchieste giornalistiche (di cui i lettori di Avvenire hanno potuto leggere lo scorso dicembre, con il documentario «Trans Train») che hanno portato alla revisione delle politiche sanitarie, e al pronunciamento del Karolinska. Anche in Finlandia le linee guida di settore sono state riviste, mentre nel Regno Unito l’Alta Corte ha riconosciuto le ragioni di Keira Bell, una giovane de-transitioner, e ha stabilito che i bloccanti della pubertà possono essere somministrati solo dopo l’intervento di un tribunale. Al centro delle contestazioni è soprattutto la validità del consenso informato nei minori: come possono essere realmente consapevoli delle conseguenze di questi trattamenti?

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