venerdì 1 marzo 2019
Due madri e la loro battaglia per introdurre nella legge olandese la possibilità per i giovani depressi di ottenere l'eutanasia, dopo aver perso tragicamente i loro figli. Un caso che fa discutere.
Il logo online dell'associazione fondata dalle due madri olandesi

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Nei Paesi Bassi è scoppiata una nuova polemica sulla legge che regola l’eutanasia (in vigore dal 2002), nella quale è oggi prevista la possibilità di richiederla anche per ragazzi di età compresa fra i 12 e i 16 anni, previa autorizzazione dei genitori. Sono infatti scese in campo due madri con una sconvolgente protesta. Si tratta di Jeannette Croonen – 62 anni – e Agnes Johannesma – 76 –, che recentemente hanno rilasciato ampie interviste ai media olandesi sostenendo che si tratta di una legge iniqua perché non considera le malattie psichiche dei giovani, fra le quali la depressione. «Mia figlia Monique all’età di 2 anni fu colpita da setticemia, che le causò danni cerebrali – ha dichiarato Jeannette Croonen –. Con il tempo il suo carattere è cambiato: era soggetta a sbalzi d’umore e ad attacchi di rabbia incontrollabili. A 16 anni uno psichiatra le ha diagnosticato un disturbo della personalità. Da lì è iniziato il suo calvario: medicine, ricoveri in reparti psichiatrici, tentativi di suicidio. Lei stessa ha chiesto di poter ricorrere all’eutanasia per uscire da una vita che non sopportava più, ma la sua domanda è stata respinta da tutti i medici contattati. Questo ci ha fatto capire che eravamo degli egoisti a volere che continuasse a vivere solo per noi. A 26 anni si è suicidata, in un istituto psichiatrico dove era ricoverata». Per questo la donna chiede che la legge venga cambiata e ampliata prevedendo l’eutanasia in casi di sofferenza psichica quando è senza via di uscita e il dolore risulta insopportabile. Ma chi può entrare nella psiche e nell’anima di un essere umano per valutare il suo grado di disperazione e di dolore?
I medici contrari affermano che concedendo l’eutanasia a giovani depressi gli si toglie la possibilità di un ripensamento. A questo argomento si oppone chi afferma che "se una persona decide di uccidersi lo fa comunque, prima o poi". «Anch’io la penso così – ha dichiarato Agnes Johannesma –. Mio figlio René lottava da una vita contro la depressione e un atroce mal di testa che lo facevano impazzire, tanto che neppure le medicine gli davano più sollievo. Più volte ha chiesto al suo medico curante l’eutanasia, ma gli è stata sempre negata. Poi, a 32 anni, pure mio marito e io ci siamo attivati per cercare un dottore che assecondasse la sua richiesta, e l’abbiamo trovato. Ora ci sentiamo a posto con noi stessi, perché finalmente Renè riposa in pace».
Intanto Jeannette ed Agnes hanno fondato insieme l’associazione «Stichting Euthanasie in de Psychiatrie» (Sep, Fondazione eutanasia in psichiatria) per attirare l’attenzione su questa loro angosciante battaglia.

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