sabato 18 dicembre 2021
Stampata in 3D, Sarco è l'ultima idea di Philip Ntischke, fondatore di Exit International, che ha creato la "macchina per il suicidio" annunciando il via libera delle autorità elvetiche
Sarco, la "capsula per il suicidio"

Sarco, la "capsula per il suicidio"

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Una capsula in cui potersi togliere la vita, dove e quando si vuole. Lo scenario agghiacciante presto potrebbe concretizzarsi in Svizzera, dove il medico australiano Philip Nitschke, fondatore di Exit International per la promozione del suicidio assistito, ha presentato «Sarco», annunciando che il suo dispositivo per suicidarsi ha superato il vaglio delle autorità elvetiche, come riferisce il sito di informazione pubblica Swissinfo.ch.

Sarco è una capsula dal design elegante realizzata attraverso stampanti 3d, ha spiegato Nitschke mostrando come funziona. L’ultimo dei tre prototipi è in fase di realizzazione in Olanda, dove Exit ha la sede europea. Secondo Nitschke – anche noto come «Dottor Morte» – «Sarco» sarà reperibile in Svizzera già nel 2022. La capsula a chiusura ermetica è montata su un supporto che, azionato dall’interno, sprigiona azoto liquido con la conseguente rapida erosione dell’ossigeno: 30 secondi per passare dal 21 all’1%.

L’aspirante suicida, disteso all’interno della capsula, perde i sensi. E la morte sopraggiunge in 5-10 minuti per ipossia e ipocapnia, cioè mancanza di ossigeno e anidride carbonica. Una fine atroce, fatta passare per ottenimento di un «diritto».

L’obiettivo del medico australiano, i cui seminari provocano sempre polemiche e proteste, è far sopraggiungere la morte senza la supervisione di medici e facendo a meno del ricorso a farmaci letali, come quelli invocati anche in queste settimane per il suicidio assistito in Italia.

Nitschke la definisce «demedicalizzazione» del suicidio, che con Sarco non sarebbe più «assistito». Chiunque volesse, senza alcun filtro né controllo, potrebbe togliersi la vita: uno degli effetti della legalizzazione del suicidio assistito, molto realistico, a quanto pare.

In Svizzera l’aiuto al suicidio non è punito a condizione che chi lo mette in opera non abbia qualunque interesse a far morire la persona che lo chiede.

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