giovedì 4 giugno 2020
In Parlamento presentata una proposta di regolarizzazione dell'operato degli enti che promuovono l'utero in affitto. Petizione internazionale per il bando e nuova lettera alla ministra Lamorgese
Neonati e operatrici nell'hotel Venezia di Kiev

Neonati e operatrici nell'hotel Venezia di Kiev - Reuters

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Che fine hanno fatto le decine di neonati partoriti da madri surrogate e parcheggiati in un hotel di Kiev a causa del lockdown? Dopo il clamore sollevato dal video dell’azienda specializzata BioTexCom, della loro sorte si sa poco, tranne il fatto che numerose coppie committenti stanno raggiungendo l’Ucraina con permessi speciali per ricongiungersi ai bambini.

Prima è stata la volta di un jet privato affittato da due svedesi, poi il 30 maggio è atterrato un aereo charter dall’Argentina con 11 coppie che sono andate letteralmente dall’altra parte del mondo per concludere il contratto di surrogazione di maternità, economicamente più vantaggioso che altrove. Gli argentini, che per entrare nel Paese stretto dal lockdown hanno goduto di un permesso speciale del ministero degli Esteri ucraino, ora dovranno attendere la riapertura delle frontiere in Sudamerica.

Sul fronte interno si registra qualche piccolo segnale positivo: in Parlamento è stata presentata una proposta di legge per regolare e «rendere trasparente» l’operato delle cliniche, che per il 70% lavorano in una zona grigia, come ha notato il deputato 40enne Oleksandr Danutsa. La proposta prevede tra le altre cose l’obbligo di una licenza quinquennale. Danutsa non è l’unico ad aver sollevato obiezioni: la stessa Commissaria per i diritti umani, Liudmyla Denisova, che sta seguendo in prima persona la vicenda dei neonati della surrogata finiti nel limbo, si è appellata alla Polizia nazionale, al ministro della Salute e a quello per le Politiche sociali perché uniscano le forze per aggiornare la legislazione ed escludere gli stranieri dalla tecnologie riproduttive, in modo da stroncare il traffico incontrollato di bambini ucraini. Attualmente non esistono leggi specifiche che regolino il settore, ma nel Codice di famiglia c’è il divieto da parte di una madre surrogata di contestare la maternità della madre intenzionale. In altre parole, il bambino nato da utero in affitto è considerato figlio dei genitori committenti fin dal suo concepimento, e la madre «portatrice» non ha alcun diritto su di lui.

Sulla situazione in Ucraina ci sono da registrare infine due forti prese di posizione. La prima arriva dalla Coalizione internazionale per l’abolizione della maternità surrogata (www.abolition–ms.org), che raccoglie 200 associazioni in tutto il mondo: una petizione chiede al presidente ucraino Zelensky di lavorare per un bando a «ogni forma di commercio di donne e bambini» (QUI SI PUO' FIRMARE). La seconda è italiana: una lettera aperta alla ministra dell’Interno Lamorgese, firmata dalla Rete contro l’utero in affitto, per chiedere che il divieto nazionale alla “gravidanza per altri” sia reso efficace anche nei confronti di chi si reca all’estero, con un opportuno inasprimento delle pene. (qui il testo)

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