venerdì 16 giugno 2017
Una fiaccolata a Roma ha portato davanti all'ambasciata inglese centinaia di persone per manifestare sostegno a Charlie, il bimbo inglese di 10 mesi su cui si deve pronunciare la Corte di Strasburgo
#charliesfight: la Rete si mobilita per Charlie Gard
COMMENTA E CONDIVIDI

Centinaia di persone hanno preso parte a Roma nella serata di giovedì 15 giugno alla fiaccolata davanti all’ambasciata britannica a sostegno di Charlie Gard, il piccolo inglese di 10 mesi affetto da una rara malattia genetica e sul quale due corti inglesi hanno già decretato la necessità di sospendere terapie e sostegni vitali. Sulla sorte di Charlie si deve esprimere ora la Corte europea per i diritti dell'uomo, cui i genitori si sono rivolti nella speranza che si possa fermare la procedura mortale per il distacco delle macchine. Nell'attesa del verdetto, previsto lunedì 19, la manifestazione romana ha dato visibilità a un vasto movimento che sta correndo sul Web, con commosse manifestazioni di solidarietà alla famiglia e di sostegno al piccolo la cui sorte è appesa a un filo. E mentre la famiglia pubblica foto del bambino che pare interagire con chi gli sta attorno, a Roma Filippo Savarese, portavoce italiano di CitizenGO, piattaforma di petizioni popolari online che ha lanciato l'idea della fiaccolata, ricorda che siamo di fronte a una storia che è solo la punta dell’iceberg della “deriva eutanasica dei servizi sanitari dell’Occidente”. Domenica 18 alle 21 nella chiesa di Santa Marta a Genova è in programma una veglia di preghiera con un'ora di adorazione eucaristica per invocare la soluzione positiva della vicenda. Online il contatto con le notizie e le iniziative sul bambino inglese è #charliesfight.

Una vicenda che commuove l'Inghilterra (e non solo)

Per chi ancora non la conoscesse, vale la pena ricostruire il caso. La magistratura britannica si era pronunciata su istanza dei medici del Grand Ormond Hospital di Londra dove Charlie è ricoverato. I magistrati europei, cui si sono rivolti i genitori alla disperata ricerca di un verdetto favorevole alla vita del piccolo, dovranno decidere se autorizzare a staccare le macchine e lasciare così che il bambino muoia oppure se gli si deve accordare la chance di una cura sperimentale che gli verrebbe somministrata negli Stati Uniti, come chiedono papà Chris e mamma Connie. Che nel giorno in cui è atteso il verdetto (i giudici si sono dati tempo fino alle 17) hanno pubblicato online una foto del loro bambino con gli occhi aperti con una didascalia significativa: "A picture speaks a thousand words!!", una foto dice più di mille parole.

E hanno portato il bambino sul tetto dell'ospedale dov'è allestito un piccolo giardino e dove, con la complicità delle infermiere dell'ospedale, hanno organizzato nell'attesa della sentenza un vero e proprio pic nic con il loro bambino.

La loro battaglia, documentata su una pagina Facebook, ha commosso il mondo: risulta infatti inspiegabile a chiunque – tranne evidentemente ai giudici inglesi che sinora si sono espressi in due diversi gradi di giudizio e una decisione esecutiva stoppata solo dalla sospensiva disposta da Strasburgo – come sia possibile che un bambino possa essere di fatto ucciso per mano dei medici che l’hanno in cura tramite la cessazione di respirazione e nutrizione assistite contro la volontà dei genitori, che chiedono solo gli si consenta di dare un’ultima possibilità a Charlie.

Mentre in Italia si sta legiferando sulle scelte di fine vita mettendo al centro la volontà indiscussa del paziente anche contro quella dei medici, nel nome della più assoluta autodeterminazione, in Inghilterra si fa l’esatto contrario: a nulla vale la fermezza dei genitori di tenere in vita un bambino che alla vita sta dimostrando di attaccarsi con ogni sua pur fragile forza. A giustificare l’ostinazione di medici e, di conseguenza, dei giudici è la convinzione che si tratti di un caso di accanimento terapeutico, che come tale va fatto cessare immediatamente, garantendo a Charlie tutte le cure compassionevoli per evitare che soffra mentre si spegne per la cessazione di ogni supporto vitale. Contesta questa affermazione chi sostiene che la malattia di Charlie è ereditaria ma tutt’altro che terminale, e che nessuno può dire che soffra più ora di quanto accadrebbe certamente se venisse "staccata la spina".

Senza contare la volontà delle due persone cui dovrebbe spettare l’ultima parola, ovvero mamma e papà, sempre che queste parole contino ancora qualcosa per chi ne ha fatto un oggetto semantico e culturale alterabile a piacimento. Intanto Chris e Connie hanno a tal punto toccato il cuore di milioni di persone nel mondo da raccogliere una somma sufficiente a garantirgli la possibilità di andare negli Stati Uniti col loro amatissimo figlio senza far sborsare alla sanità pubblica inglese neppure un penny, mentre sulla piattaforma Change.Org è in corso una raccolta di firme in calce a una petizione per lasciare alla famiglia Gard libertà di scelta. O forse questo concetto vale solo quando si vuole morire?

Anche per questo la vicenda di Charlie resta un esempio di quel che può accadere a un sistema sanitario (e a una giustizia) che abbia rimosso la dignità della persona umana dal centro delle sue decisioni. Per appoggiare l'impegno dei genitori di Charlie scende in campo il gruppo di Universitari per la vita, che recentemente a Roma Tre avevano invitato la testimonial americana contro l'aborto Gianna Jessen scontrandosi con l'ostracismo di parte delle autorità accademiche, alla vigilia della Marcia per la vita di Roma. Sulla loro pagina Facebook gli Universitari per la vita stanno raccogliendo le foto di adesione e condivisione della campagna a favore di Charlie Gard inviate da amici e colleghi di tutta Italia.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI