giovedì 18 giugno 2020
Come Cristina Magrini, morta dopo 37 anni in stato vegetativo, a Bologna muore anche la 47enne nello stesso giorno in cui ebbe l'incidente fatale. L'ha assistita il padre Giampaolo fino a un anno fa
Barbara Ferrari tra il papà Giampaolo e l'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi

Barbara Ferrari tra il papà Giampaolo e l'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi

COMMENTA E CONDIVIDI

È scomparsa un'altra donna vissuta per lungo tempo in stato di minima coscienza: si è appreso infatti che è morta a Bologna Barbara Ferrari, 47 anni, da 22 nella condizione anche definita di stato vegetativo. Originaria di San Venanzio di Galliera, piccolo Comune in provincia di Bologna, Barbara nel 1998 aveva 25 anni, e proprio lo stesso giorno in cui è morta – 12 giugno – ebbe un gravissimo incidente stradale, in conseguenza del quale fini in coma e poi in stato vegetativo, che si è protratto fino al giorno della scomparsa. Per 21 anni è stata amorevolmente seguita e accudita dal padre Giampaolo, che non ha però potuto accompagnarla fino alla fine perché scomparso prima di lei, l'anno scorso.
«Vivo con la speranza che dal coma si possa risvegliare» diceva papà Giampaolo della figlia. Ora si sono ricongiunti nelle mani di Dio. Dopo la morte del padre, Barbara era stata accolta nella struttura della clinica «Santa Viola» di Bologna, che ospita reparti dedicati alle persone nelle sue stesse condizioni. «Era l'unico posto dove il papà si sentiva tranquillo a lasciarla, quando la figlia non poteva fare a meno delle cure ospedaliere» commenta Gianluigi Poggi, presidente di «Insieme per Cristina», l'associazione nata nel nome di Cristina Magrini, la donna morta nel 2019 dopo essere rimasta per 37 anni in stato di minima coscienza, realtà bolognese impegnata nel sostegno delle famiglie di chi si trova in questa condizione definita di veglia a-responsiva. Da 10 anni «Insieme per Cristina» seguiva Barbara e la sua famiglia pubblicando su di lei un libro biografico: «Sperare sempre». In quelle pagine emerge la forza della testimonianza «non per chiedere pietà – affermava Giampaolo – ma per far sapere a tutti che esiste una forza innata dentro di noi che ti permette di lottare e compiere un cammino verso un futuro che grazie alla fede non spaventa».
In questo impegno Giampaolo è stato sempre sorretto dalla vicinanza della Chiesa di Bologna: dai parroci, in particolare don Matteo Prosperini e don Giulio Gallerani, ai due arcivescovi Carlo Caffarra e Matteo Zuppi, che hanno sempre seguito e sostenuto Giampaolo e Barbara.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI