lunedì 24 giugno 2013
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Accanto a tanti Centri di aiuto alla vita che vantano una lunga storia, ce ne sono altri che sono “neonati”: è il caso del Cav “Il dono”, avviato ufficialmente nel giugno 2012 nel quartiere Sanpolino di Brescia (una ventina i soci, un po’ meno i volontari). «Invece di ingrandire il primo Cav presente nel centro storico – spiega don Maurizio Funazzi – con il rischio di dare minore attenzione alla persona, si è preferito aprirne un altro in una zona più periferica, appena sorta, con molte famiglie povere. Un Cav sostenuto da un’unità pastorale formata da tre parrocchie». La circoscrizione del Comune di Brescia ha dato la disponibilità di alcuni ambienti per alcuni giorni la settimana; buona è la collaborazione con un paio di consultori del privato sociale e di 4-5 consultori pubblici sparsi sul territorio cittadino e non solo. Il Cav non ha uno sportello proprio in ospedale, ma opera in collaborazione con la cappellania ospedaliera, un’altra organizzazione di volontariato presente agli Spedali Civili che possono indicare la presenza – sul territorio – del Centro di aiuto alla vita. In questo primo anno, riferisce la volontaria Lucia, si sono rivolte al Cav “Il dono” poco più di cento donne, la metà proveniente proprio dalla cappellania ospedaliera. Quasi i tre quarti erano straniere (perlopiù africane), ma le italiane presentano spesso vissuti problematici: «Grande rilevanza ha il problema abitativo – osservano le volontarie Concetta e Rosalba –. Molte persone hanno perso il lavoro, non riescono più a pagare l’affitto e vengono sfrattati, oppure – se si tratta di studentesse – devono lasciare i collegi se rimangono incinte». «I beni che offriamo – sottolinea la presidente del Cav, Mariangela Bertoli – provengono dalla generosità di donatori, quindi dobbiamo utilizzarli al meglio. Abbiamo fatto convenzioni, con una farmacia e un supermercato, e le volontarie (che fanno anche corsi di aggiornamento) cercano anche di educare le donne a un uso razionale delle risorse: il pannolino non si usa fino a tre anni, imparare l’italiano è utile per orientarsi meglio nel nostro Paese. Ma quando ci cercano, ci trovano 24 ore su 24». Dove possibile, è stata operata una divisione del territorio cittadino tra i due Cav secondo le circoscrizioni, «ma ovviamente si privilegiano le necessità delle persone». Il Cav “storico” del centro cittadino, riferisce il presidente Gabriele Zanola, privilegia ora l’assistenza economica e materiale alle donne: «Ma se arriva qualcuna a rischio aborto, non ci tiriamo indietro». Spesso il problema abitativo è molto pressante: «Per ragazze madri e donne maltrattate o cacciate di casa cerchiamo soluzioni con case di accoglienza, sia a Brescia, sia a Capriolo, presso le Suore poverelle o le Suore di Maria Bambina, oppure le Dorotee. «Tre anni fa avevamo avuto un forte finanziamento dal Comune – aggiunge Zanola – ma in cambio davamo assistenza a tutte le donne alle prese con la maternità. Poi il fondo si è progressivamente ridotto e ora è chiuso». Ma i bisogni non sono calati. L’attività di aiuto porta a imbattersi in episodi incredibili: «Ricordo il caso di un’infermiera – dice Zanola –, che era incerta se tenere il bambino: era convinta a metà e cercava un segno che le facesse prendere la decisione. Le capitò di distrarsi mentre guidava e di passare lentamente con il rosso a un semaforo. Si scontrò con un’altra auto, da cui scese una donna visibilmente incinta che le gridò: “Ma volevi farmi abortire?”. L’infermiera rimase talmente colpita che rinunciò all’aborto e tenne il bambino».
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