venerdì 2 novembre 2012
Se fossi l'Onorevole Zeman - anzi, per età e ruolo romano, Senatore - chiederei alla Roma di fornirmi un portavoce da usare in caso di sconfitta, come fanno gli Onorevoli colleghi della politica. È triste sentirlo commentare la sconfitta di Parma attribuendone la colpa alle acque, come se dall'altra parte un Donadoni-Mosè fosse abilitato ad aprirle affinché i suoi prodi pedatori potessero giungere asciutti e scattanti davanti alla porta dell'esterrefatto Stekelenburg. È triste - per lui poco decoroso - sentirlo commentare la precedente sconfitta con l'Udinese chiamando in causa gli arbitri proprio nella scandalosa giornata di Catania e Firenze, quasi a volere - lui noto e rispettato giudice delle malefatte juventine - una parte in commedia. Come se proprio la Juve non gli avesse inflitto un umiliante 4-1 senza “se” né “ma” avendo l'allenatore squalificato vegliante in un abbaino dello stadio dal quale - sento dire - «la partita si vede meglio» (ed è vero). Trovato un portavoce Zeman potrebbe addirittura fare “il Conte” dall'alto: vedrebbe, per la prima volta in carriera, l'esatto schieramento dei suoi, in particolare la posizione dei difensori quando l'avversario contrattacca e il loro desolante disinteresse per le marcature; finirebbe per correggersi e applicarsi alla fase difensiva che da sempre vanifica gli sforzi e le imprese dei Totti e dei Lamela. È anche triste assistere alla patetica cerimonia del dopopartita quando, in caso di scofitta, (presunti) onorevoli opinionisti mostrano vivo imbarazzo nel porre le domande all'augusto Zdengo, scusandosi ancor prima di osare l'inquietante interrogativo sulla sua tattica suicida e porgendogli amabilmente infantili alibi; più triste ancora ascoltare i “sereni giudizi” quando esce di scena, tipo «il vecchietto dove lo metto»; è più giovane di me, il Boemo, ma spesso lo trattano come un sopravvissuto, altre come Ivan il Terribile o Mago Merlino, a seconda del risultato, a seconda dei galloni conquistati fuori campo come Giustiziere e mai in campo come Mister. Foggia esclusa. Gli feci visita, ai tempi di quella gloriosa promozione in A: raramente avevo visto tanto bel calcio, naturalmente favorito dai Signori & Signori che Pavone gli procurava; ma lui no, lui i campioni non li conosce, sopporta al massimo Totti perché della Roma è il tutore, ispiratore e comandante; ma De Rossi, cosa pretende? Già lo chiamavano Capitan Futuro e adesso è solo un Caporal Passato. Ciò detto, respingo seriamente l'ipotesi di siluramento di Zeman: se c'è un innocente, è lui, e nessuno dello staff giallorosso può venire a raccontarci bubbole, lo hanno voluto e incensato preventivamente, ora devono avere il coraggio e l'onestà di tenerlo fino in fondo. Fra due turni sarà Lazio-Roma; Zeman ha sempre definito il derby «una partita come un'altra», meglio per lui se la Roma ritroverà la verve di San Siro, quando batté l'Inter nascente di Stramaccioni, o la fortuna di Cagliari, uno zero-a-tre a tavolino, o la generosità di un Genoa... zemaniano affondato mentr'era in vantaggio. Vederlo nel ruolo di Perfetto Perdente fa venire in mente una canzone: «Preferisci forma o sostanza/ due parole o un poema/ il calcio o Van Gogh?».
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