martedì 1 febbraio 2022

Mi chiedono di spiegare subito il titolo di questa rubrica che vi accompagnerà per tutto il 72° Festival di Sanremo. Semplice, settant’anni fa, esattamente nel 1952, era l’edizione di Papaveri e papere, cantata da Nilla Pizzi, oggi è il tempo dei ranuncoli, il fiore più coltivato ed esportato dalle serre sanremesi – compresa quella leader del sindaco Alberto Biancheri – e delle rane, le tante che gracidano canore, specialmente in salsa rap. Dopo la vittoria dei newrockers de Roma, i Måneskin, che per tutto l’autunno hanno visto, più di Jay McInerney, le mille luci di New York e sono riusciti a far stare Zitti e buoni persino gli americani, non ci meraviglieremmo se a vincere questo Sanremo 2022, ancora in semibolla Covid, con tanti “positivi mascherati” – lo show deve andare avanti e non si dice fino a domenica – fosse un pupillone della Z generation, alias i figliocci di Maria (De Filippi). Quindi occhio al digestivo Aka7Even, al cavaliere Blanco (in coppia con Mahmood: che non lamenta più problemi di Soldi) e al vero vincitore dell’ultimo Amici, Giovanni Pietro Damiano, per brevità chiamato Sangiovanni. Con un nome d’arte del genere rischia di giocare su due tavoli, al Festival di Amadeus e quello della Canzone Cristiana di patron Fabrizio Venturi che va in contemporanea. I giovani amici “hikikomori”, gli adolescenti autoreclusi in casa e iperconnessi al piccolo schermo, dicono di «puntare tutto su un podio composto da: “Sangio” (Sangiovanni), Rkomi e Achille (Lauro)». Per i primi due si tratta di un debutto all’Ariston, mentre per il vecchio Lauro, non l’armatore ma semmai disarmante, come per gli Amarello (Amadeus&Fiorello) è il “Sanremo ter” (in gara) e per questo proclama: «Ci torno per rovinarmi la carriera». Domanda: quale carriera? I tre, assieme, all’anagrafe fanno 77 anni, qualche primavera in meno di Iva Zanicchi, la “nonna rock” che, dopo i trascorsi da europarlamentare, se non fosse tornata al suo mestiere, cantare, qualche scrutatore non votante del centrodestra ce l’avrebbe propinata come prima donna Presidente della Repubblica. Occhio a quel birbone dello Zalone: non è ancora arrivato in riviera che Checco già fa il piccolo diavolo in stile Roberto Benigni. Il suo “scherzo da prete” apre le porte al Rosario, Fiorello, che sta sistemando le idee sotto i bigodini. Fiore, l’amico ritrovato, ha il solito compito: togliere il gesso alla conduzione lungagnona di Amadeus, al quale evidentemente non bastava Gianluca Gori nei panni di Drusilla Foer, gli serviva un Fiorello alla Bice Valori.

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