venerdì 23 agosto 2019
Ci tenevo a chiudere questa rubrica con una storia particolare. A dir la verità tutte le storie raccontate sono particolari, non foss'altro perché fatte da persone che guardano al futuro con occhi diversi e provano a costruirlo con mani diverse. La storia di Wami però è ancora più innovativa e ricca di provocazioni per il mondo dell'economia, ancora alla ricerca di modelli che consolidino i risultati raggiunti in questi decenni ma evitino i problemi sociali ed economici che hanno generato. Ho deciso di farmi raccontare il portato "rivoluzionario" di questa impresa proprio da Giacomo Stefanini, 30 anni, fondatore nel 2016 assieme a Michele Fenoglio, di Wami. «Ho trascorso i miei primi anni di lavoro nella direzione marketing di una grande multinazionale, un contesto che mi ha insegnato moltissimo ma ha anche rafforzato in me l'idea di dare vita ad una "mia" impresa che avesse come obiettivo la capacità di generare valore sociale prima ancora del giusto profitto. È stata la "Toms Shoes", un'azienda americana il cui obiettivo da subito fu quello di donare a bambini indigenti un paio di scarpe per ogni paio venduto, a fornirci l'intuizione iniziale. La nostra missione sarebbe stata la stessa ma con un "prodotto" oggi ancora più prezioso: l'acqua. Nasce così Wami, che è l'acronimo di "Water Mission": per ogni litro d'acqua acquistato ne avremmo donati 100 ad alcune popolazioni dell'Africa». È la strategia adottata per raggiungere gli obiettivi che rendono unica la storia di questa impresa. «A noi è sembrato giusto partire dalla costruzione del valore sociale prima di lavorare su quello economico – riprende Giacomo – e così i primi capitali li abbiamo investiti per realizzare assieme ad alcune ONG reti idriche che portassero l'acqua direttamente nelle capanne di alcuni villaggi dell'Africa centrale. Solo dopo essere stati capaci di portare l'acqua a queste famiglie abbiamo iniziato a commercializzare la "nostra" acqua, grazie ad un partner industriale come "San Bernardo", scelto per i valori e la missione che incarna nello sviluppo della sua impresa. Dopo poco più di due anni, siamo già presenti nella ristorazione e nei primi punti della GDO. Ogni cliente, acquistando una nostra bottiglia, può sapere in anticipo per quale progetto e dove verranno utilizzati i 100 litri di acqua potabile che sta contribuendo a donare scegliendo Wami». Non mi era mai accaduto di incontrare una società "profit" nata da un investimento "no profit" e mi interessa conoscere meglio lo sviluppo di questo progetto e i suoi risultati. «Siamo molto contenti dell'evoluzione che stiamo avendo grazie a questo nostro modo di vivere da subito l'impresa. A fine anno raggiungeremo un milione di fatturato, abbiamo assunto 8 giovani a tempo indeterminato e nel prossimo futuro prevediamo uno sviluppo importante. Per essere ancora più coerenti con le nostre scelte iniziali siamo divenuti "Società Benefit" e per rafforzare la struttura abbiamo raccolto nel mercato dell'Impact Investment e del Family Office nuovi capitali per proseguire con il giusto equilibrio finanziario. Ma ciò che più conta è che abbiamo provato a creare un rapporto più autentico con tutte le persone che lavorano con noi e in particolare con i nostri collaboratori, coinvolgendoli nelle scelte aziendali e nei progetti, non ultimo quello di utilizzare solo bottiglie 100% riciclabili con il 50% di plastica riciclata: una scelta che incide sul costo del prodotto ma che siamo certi incontrerà sempre di più in futuro la sensibilità di tante persone, giovani innanzitutto, che attraverso un acquisto più consapevole premieranno le aziende che stanno lavorando seriamente in questa direzione». Grazie Giacomo perché per un sognatore concreto quale sono è sempre bello sapere di avere al fianco persone motivate dallo stesso desiderio di fare impresa così bene da riuscire a produrre quel "bene" che solo potrà dare un vero futuro a noi e alle nostre aziende.
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