martedì 29 agosto 2017
«Orange vous souhaite un bon voyage». Il cartello è posto in alto sulla sinistra all'entrata dell'Aeroporto Internazionale di Niamey, Diori Hamani. Orange (compagnia telefonica francese) vi augura un buon viaggio. Lo stesso augurio si ripete, con altri colori, forme e paesaggi, sul frontespizio dell'aeroporto della capitale. La forma verbale a cui rimandano le compagnie è a prima vista elementare. La prima coniugazione, ci era stato insegnato, con le finali in "-are". Io viaggio, tu viaggi, egli/ella viaggia, noi viaggiamo, voi viaggiate, essi/esse sono impediti di viaggiare. L'uso attuale della terza persona plurale ha fatto diventare il verbo irregolare, incerto, impossibile, vietato, rischioso, clandestino e a volte mortale.
A essere onesti la grammatica della terza persona plurale del verbo viaggiare dovrebbe prendere atto del cambiamento avvenuto e dunque essere modificata. Essi ed esse troveranno sabbia, mare, muri, reticolati, guardie costiere, corazzate e con un po' di fortuna un giubbotto salvagente. A pensarci bene è il verbo stesso che andrebbe radicalmente rivisto, corretto e re-inventato. Viaggia infatti chi può e dove vuole solo chi ha i mezzi per farlo. Quelli sono i pochi che il verbo lo coniugano senza fatica come vorrebbe l'Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Un viaggio scelto e che faccia profittare tutti, partenti e riceventi. L'applicazione della teoria nella quale sono tutti vincenti e soprattutto scelti e controllati.
Le voci del verbo viaggiare si perdono tra le onde, sfidano le sirene, imbrogliano i mostri marini e si infrangono sulle coste dello stretto di Gibilterra. Le più fortunate sono incagliate tra gli scogli di Ventimiglia. Il verbo viaggiare si coniuga al presente, al passato remoto e soprattutto al condizionale. Essi ed esse viaggiano se hanno soldi, documenti, contratto, buona volontà, fortuna, incoscienza e, dalla loro parte, un Dio disposto a fare le ripetizioni prima dell'esame scritto sulla sabbia. Alcuni lo coniugano al futuro impossibile che è un tempo improbabile e detenuto tra una frontiera e l'altra. Invece noi viaggiamo, presidenti, politici, missionari, sportivi, operatori economici, venditori d'armi, esploratori e cacciatori di farfalle tra i ghiacciai del Sud.
L'imperfetto è quanto di meglio si addice a questo verbo. Perché si viaggiava per mille motivi, coloniali, lavorativi, migratori, per piacere e per scoprire. Si viaggiava a piedi, in nave, in aereo o sulle ali del vento quando c'era la mongolfiera. Comunque si viaggiava da una parte all'altra senza troppi problemi di concordanze verbali. La frase correva da sé: soggetto, verbo, aggettivo e nome proprio o comune. Viaggiavano per mille motivi diversi e nessuno si sognava di domandare loro il perché del viaggio. Viaggiare era ancora più importante della meta, perché si viaggiava per imparare la vita e poi raccontarla una volta tornati. Viaggiavano le notizie e con loro anche il desiderio di scoprire la propria parte di mondo. Chi non viaggiava mai era fermo alla stessa pagina.
Noi, dal Nord al Sud, possiamo viaggiare e cambiare le mete a piacimento. Essi ed esse non viaggiano, scappano, fuggono, sperano, sognano e, non sempre, arrivano. Viaggiare dal Sud al Nord diventa un dramma, un'impresa, un esodo, un'avventura, una lotteria, una scommessa col tempo imbrogliato dal futuro. La trasformazione del mondo impone l'uso del verbo in questione coniugato all'infinito. Noi e Loro abbiamo scelto di viaggiare insieme camminando sulle acque.
Niamey, agosto 2017
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