sabato 15 aprile 2017
IIl segreto per essere (più) felici? Vivere nel Mezzogiorno. È la conclusione a sorpresa di una ricerca della Fondazione Brf, che ha analizzato e incrociato una serie di ricerche neuro-scientifiche realizzate in Italia negli ultimi 6 mesi. Cosenza, Cagliari e Foggia sono risultate, infatti, le città capoluogo di provincia del nostro Paese con la minore presenza di cittadini depressi in senso clinico – pari rispettivamente al 6,7%, al 7,2% e al 7,8% del totale dei residenti – mentre al contrario Udine, Mantova e Piacenza hanno registrato i tassi di depressione più alti, facendo registrare percentuali doppie rispetto alle tre città meridionali (rispettivamente del 14,3%, del 14,1% e del 12,7%).
È bene chiarire subito che lo studio in questione ha le carte in regola per non essere inquadrato nell'ormai affollata categoria delle "avventure scientifiche" realizzate solo per andare a caccia di gloria sui giornali. Coordinato dalla psichiatra Donatella Marazziti e dal sociologo della salute Mario Campanella, ha coinvolto un campione (significativo) di 1.800 persone tra i 18 e i 70 anni. Fissando, anzitutto, un dato preoccupante: la percentuale media di depressi in senso clinico sul territorio nazionale ha raggiunto quota 10% (per la precisione 9,8%).
E provando a dare una spiegazione alla differenza di felicità tra gli italiani che vivono a Nord e a Sud del Paese. Le conclusioni della ricerca identificano come elementi distintivi «la presenza del sole e una cultura resiliente diversa, con un ambiente culturale e sociale orientato alla solidarietà».
Tuttavia, la ricerca induce ad altre due riflessioni. La prima è la necessità di rivedere una serie di stereotipi con cui viene interpretato di solito il rapporto Nord-Sud, perché spesso al livello di reddito pro-capite non corrisponde un "benessere" (nel senso più ampio del termine) maggiore. Al contrario, la maggiore produzione di ricchezza collettiva rischia d'essere pagata dai singoli cittadini con due prezzi molto salati: una peggiore qualità della vita e un iper-individualismo che rende meno solide le fondamenta di una comunità. La seconda riflessione è ancora più ampia: è necessario allargare il range dei parametri da considerare, quando si stilano classifiche tra gli 8mila campanili d'Italia. Perché oggi l'ambiente naturale incide sulla vita quotidiana almeno quanto il livello di sviluppo, così come la qualità dei rapporti tra i cittadini è un elemento importante almeno quanto la qualità dei servizi pubblici disponibili.
In ogni caso, la ricerca contiene una grande verità: vivere al Sud non significa necessariamente rassegnarsi a un futuro peggiore e a vivere in media quasi tre anni in meno (come ha registrato pochi giorni fa un'altra seria ricerca, il Rapporto "Osservasalute" del Gemelli). È possibile infatti, nonostante i gap rispetto alle altre aree del Paese, che diventi una scelta. E che sia "felice".
@FFDelzio
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