giovedì 14 febbraio 2008
II Domenica di Quaresima
Anno A

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».

«Un fiore di luce nel nostro deserto» (Turoldo), così appare il volto di Cristo sul Tabor. Il volto è come la grafia del cuore, la sua scrittura. Quel volto di sole ci assicura che a ogni figlio di Adamo è stato dato non un cuore d'ombra, ma un seme di luce, come nostro volto segreto. Adamo è una luce custodita in un guscio di fango: alternanza di tenebra e di luce, di ombra e di sole, di tentazione e di trasfigurazione. In cammino però, come una linea ascendente, che avanza senza ritorni.
Ogni uomo abita la terra come un'icona ancora incompiuta, scritta come le icone autentiche, su un fondo d'oro che è la nostra somiglianza con Dio. Vivere altro non è che la fatica gioiosa di liberare la luce e la bellezza seminate, per grazia, in noi.
Gesù prende con sé Pietro, Giovanni e Giacomo, i primi chiamati, e li conduce su un alto monte, là dove la terra s'innalza nella luce, dove il celeste si condensa nel candore della neve, nascita delle acque che fecondano ogni vita. Là appare un volto «Totalmente Altro» (K. Barth) affinché anche il volto dell'uomo diventi tutt'altro da quello che è. Il volto «alto» dell'uomo è comprensibile solo a partire da Gesù. Ogni antropologia è una cristologia incompiuta. Ogni cristologia è una antropologia che trascende se stessa in pienezza.
È bello che noi siamo qui. Stare qui, davanti a questo volto, dove tutto converge: la legge, i profeti, il sole; l'unico luogo dove possiamo vivere e sostare. Qui siamo di casa, altrove siamo sempre fuori posto; altrove non è bello, e possiamo solo camminare, non stare. Qui è la nostra identità, la fine del viaggio, di un esule il ritorno a casa. Trovare Cristo è trovare senso e bellezza del vivere.
Ma come tutte le cose belle la visione non fu che la freccia di un attimo: una nube li coprì e venne una voce: Ascoltate lui.
Il Padre prende la parola, ma per scomparire dietro la parola di suo Figlio: «ascoltate Lui». La fede biblica è una religione non della visione, ma dell'ascolto. Sali sul monte per vedere, e sei rimandato all'ascolto. Scendi dal monte, e ti rimane nella memoria l'eco dell'ultima parola: Ascoltatelo. La visione del volto cede all'ascolto del volto. Il mistero di Dio e il mistero dell'uomo sono ormai tutti dentro Gesù. Quel volto parla, e nell'ascolto di Gesù, ascoltatore perfetto del Padre, anche noi diventiamo, come lui, figli e volto del Padre.

(Letture: Genesi 12,1-4a; Salmo 32; 2 Timoteo 1,8b-10; Matteo 17,1-9)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: