domenica 13 maggio 2012
Si parte; lascio casa cavalli montagne per 4 giorni, 4 concerti in un veloce traversare l'Italia fino a Lecce. Lungo la costa Adriatica lo sguardo fisso al mare e pensieri a zonzo, ad est, per terre slave. Cambiano tempi, modi e luoghi del viaggiare, ma è immutata la sostanza: si viaggia per lavoro, commerci, per riportare a casa i soldi. I montanari lo fanno da sempre. Si viaggia per studio, per imparare: quasi un obbligo da giovani; si viaggia per riequilibrare il piano orizzontale con quello verticale e ci sono momenti in cui un pellegrinaggio devozionale può risultare l'unica scelta ragionevole. Viaggiare per svago, per divertimento, non mi si addice, appartiene ad altri contesti. Abbandonare casa anche per pochi giorni stringe il cuore ed in questa stagione sembra impossibile; ovunque si posano gli occhi c'è qualcosa da fare. I pascoli, i boschi, la casa; nella stalla finisce il tempo della monta, a due giovani cavalle è affidato un pezzo del nostro futuro, ci si prepara per una nascita: a luna nuova? I cavalli in addestramento necessitano di cure quotidiane e i puledri di una presenza costante. Lasciarli, per quanto in ottime mani, fa male a loro e a me ma è indispensabile: per sopravvivere sui monti dobbiamo reinventarci, uomini e cavalli, ne saremo capaci? Ci proviamo. I concerti vanno bene; pubblico pagante, organizzatori, tecnici e musicisti sono contenti, lo sono anch'io anche se non so di cosa e perché. È una constatazione. Salgo sul palco come accedessi a un tempio. Residuo salmodiante che sussurra, modula, scandisce manciate di scongiuri, maledizioni, invocazioni, preghiere. Cerimoniere di un rito a cuor contento ora che nervi scoperti, inquietudini fatte corpi, stati di agitazione in fibrillazione sono nutrimento quotidiano. Sul palco sconnessioni temporali, polaroid da un'altra vita in altro secolo, altro millennio; quando le montagne erano un fondale panoramico e i cavalli scalpitavano tra pensieri sempre più insoddisfatti. Pacificato, senza recriminazione alcuna, senza rimpianti; non ero nato per fare il cantante, è successo. Avrei dovuto allevare e pascolare come da sempre nella mia famiglia. Generazione su generazione, vecchi, bambini, animali intorno; chi mi sveglia al mattino: «Buon giorno». Tutto ciò che è da fare va fatto, fatto bene, ma non vedo l'ora di risalire le valli, verso le terre alte; tornare a casa. Lasciarmi alle spalle questa tensione incontenibile ad una comunicazione dell'accadere in tempo reale, tanto folle quanto l'idea di realizzare una carta geografica del mondo in scala 1 a 1 per meglio viaggiare. La comunicazione si sta mangiando il mondo, l'infinita varietà del vivere in cambio offre forme differenziate di intrattenimento, illusioni socializzanti. Connettersi per accedere ad un contatto disincarnato in cui virtù e vizio si equivalgono. Non c'è educazione, non c'è apprendimento, non c'è crescita umana che possa essere disincarnata. Senza carne non c'è vita.
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